Armi biologiche e pandemia

La paura del coronavirus favorisce il sorgere di allarmismi e teorie sulla sua origine: il Covid-19 è stato prodotto in laboratorio?

Da quando il Covid-19 ha incominciato a ricevere l’attenzione dei media, si è fatto strada il sospetto che fosse un esperimento biologico. Nonostante i ricercatori abbiano provveduto a smentirla più volte, quest'idea ha dato vita a vere e proprie "teorie sul coronavirus". Le versioni che girano per la rete sono numerose: vi è chi ritiene il virus un'arma creata in laboratorio dalla Cina (e Wuhan, dove è cominciato tutto, è sede di un importante istituto di ricerca), che sarebbe sfuggita al controllo per un drammatico incidente; altri invece sostengono che siano stati gli americani a diffonderlo in Cina per creare una situazione di crisi e danneggiarne l'economia. Per quanto queste teorie ipotizzino scenari apocalittici, sembrano ignorare la reale pericolosità sia dei virus che della guerra biologica.

Prima di iniziare il discorso, è utile fare alcune premesse, partendo dal protagonista principale di questa pandemia. La famiglia dei coronavirus comprende microorganismi responsabili di malattie in varie specie di mammiferi e uccelli; questi virus nell’uomo provocano generalmente infezioni alle vie respiratorie che possono portare, nei casi più gravi, alle bronchiti e alle polmoniti. Si conoscono attualmente sette ceppi di coronavirus in grado di infettare l’uomo, tra i quali si annovera anche il responsabile dell'epidemia di SARS. Quello che rende particolarmente pericolosi alcuni generi di virus (tra cui i coronavirus) è la loro capacità di mutare, potendo così infettare nuove specie. Questo evento fa parte del loro processo di selezione naturale; non è purtroppo una stranezza, come è stato percepito da alcuni media, bensì qualcosa che avviene quotidianamente. Nel momento in cui si verifica una mutazione di una certa entità si possono scatenare delle epidemie, in quanto il virus "nuovo" trova numerosi organismi ospite senza valide difese da opporgli.

La facilità con la quale i virus si propagano suscita da tempo l’interesse di molti governi per l'impiego come armi biologiche; più o meno ogni esercito del mondo dispone di qualche sezione “speciale”, nella quale si studiano le possibilità di difendersi da eventuali attacchi condotti tramite batteri o virus. Sebbene le armi di questo tipo siano bandite dal diritto internazionale, è plausibile che le maggiori potenze mondiali (ufficialmente aderenti al bando) le abbiano nei loro arsenali. I laboratori che si occupano di isolare gli agenti patogeni ed eventualmente modificarne l’aggressività non sono necessariamente collegati con le strutture militari; spesso questo tipo di ricerche non sono neppure direttamente orientate alla creazione di armi, ma a scopi del tutto pacifici (preparazione di vaccini ad esempio). Le conoscenze ottenute da ricerche finalizzate alla salvaguardia della vita umana possano venire poi utilizzate in modo totalmente opposto.

Photo by CDC / Unsplash

Per chiarire questo aspetto è utile citare un articolo pubblicato sulla rivista Nature Medicine il 9 novembre 2015, che tratta di un esperimento volto alla creazione di un “virus-chimera”, cioè un organismo mutato artificialmente al fine di renderlo infettivo per la specie umana. L'obiettivo ufficiale della ricerca era studiare le mutazioni dei virus per poterle prevenire e renderli innocui. Il tema dell’articolo venne riproposto alcuni giorni dopo in un servizio della rubrica scientifica del TGR “Leonardo”.

Siccome il virus modificato era proprio un ceppo di coronavirus, in questi giorni tale servizio è stato ripreso e fatto girare sui social come prova definitiva del fatto che il Covid-19 fosse un prodotto di laboratorio. Secondo il servizio di “Leonardo”, a intraprendere l’esperimento sarebbero stati dei ricercatori cinesi, mentre leggendo l’articolo del 09/11/2015 si evince che lo stesso è avvenuto negli Stati Uniti. Probabilmente si tratta di più esperimenti condotti in diversi istituti, poiché nello stesso articolo vengono citati, tra gli altri, anche alcuni ricercatori dell'Istituto di Virologia di Wuhan. Va aggiunto che tali ricerche scatenarono a loro tempo un acceso dibattito nel mondo scientifico, proprio riguardo alla loro pericolosità.

L’esito positivo di questo esperimento dimostra ad ogni modo che la creazione di un nuovo tipo di virus “artificiale” non è fantascienza. Dobbiamo quindi ritenere che il Covid-19 è stato prodotto in laboratorio? Anche se molti esperti ci assicurano di no, indubbiamente questo punto funge da base di partenza per le teorie sul coronavirus. L’impiego di virus o batteri come arma del resto non è una novità, anzi è una strategia molto più vecchia di quanto si potrebbe pensare. Sebbene possano essere un'arma devastante, l'impiego bellico pone una serie di problematiche non sempre sormontabili.

Il più famoso utilizzo documentato di un arma batteriologica avvenne durante l’assedio mongolo alla colonia genovese di Caffa nel 1346. Colpiti da un epidemia di peste, gli assedianti decisero di lanciare con le catapulte i cadaveri degli appestati dentro le mura della città. Il morbo si diffuse così a Caffa, e successivamente raggiunse l’Europa con le navi dei genovesi. Nel corso di alcuni anni la “Peste nera” colpì numerose città decimando la popolazione del continente.

Per quanto riguarda i virus invece, è emblematico il caso del vaiolo: gli spagnoli lo diffusero in America, dove fece strage dei nativi, privi di difese immunitarie. Tutto ciò rese indubbiamente più facile la conquista delle terre appena scoperte. Nel 1763 in Nordamerica gli inglesi cercarono deliberatamente di contagiare i ribelli guidati dal capo indiano Pontiac, offrendo loro in dono degli oggetti infetti. Anche in epoche più recenti, il vaiolo resta fra gli agenti biologici più studiati per fabbricare armi: stando alle dichiarazioni di Kanatzhan Alibekov, ex dirigente del programma sovietico di guerra biologica Biopreparat, nel corso della guerra fredda l’URSS avrebbe accumulato diverse tonnellate di vaiolo modificato per usi bellici.

Altro agente batteriologico molto studiato è l’antrace, particolarmente insidioso per la sua capacità di resistere anche decenni sotto forma di “spore”, pronte per riattivarsi una volta entrate a contatto con la vittima. E’ ben noto per il suo utilizzo in attacchi bioterroristici, quali le famose lettere all’antrace (2001) di cui non si è mai scoperto l’autore.

Un agente patogeno deve rispondere a determinate caratteristiche per poter essere utile come arma:

stabilità: capacità di mantenere inalterate le proprietà infettive per un certo lasso di tempo al di fuori di un organismo ospite. Più un agente è stabile, più è facile conservarne grosse quantità;

facilità di diffusione: l’agente deve essere facilmente veicolabile, per esempio tramite oggetti infetti o tramite aerosol;

infettività: capacità di propagarsi facilmente da un individuo all’altro;

tasso di letalità potenziale: l’infezione provocata dall’agente deve essere tanto grave da causare un’alta percentuale di decessi. Al di la del numero di vittime effettive, il doversi confrontare con un patogeno potenzialmente mortale provoca panico nella popolazione.

Pur disponendo di tutte queste caratteristiche, l'efficacia di un arma biologica dipende in molti casi da fattori esterni, quali le condizioni climatiche e il tipo di ambiente nel quale avviene l’utilizzo.

Photo by Macau Photo Agency / Unsplash

Se valutiamo il Covid-19 alla luce di tutto ciò, vediamo che solo alcune delle sue caratteristiche sembrano adeguate all'uso bellico. E' molto contagioso e, pur avendo ufficialmente un basso tasso di letalità, è stato in grado di mettere in ginocchio la struttura sanitaria di diversi paesi, bloccarne l’economia e scatenare il panico nella popolazione. Tuttavia non sembra molto stabile, e se non trova subito un organismo da infettare, può resistere da poche ore a qualche giorno su una superficie, perdendo però gran parte della sua capacità infettiva. Inoltre non tollera i disinfettanti, e questo ne rende improbabile la diffusione tramite oggetti infetti, mentre dovrebbe essere possibile tramite aerosol.

Il problema principale nell'uso di un’arma biologica sono gli effetti collaterali: prima di poter colpire il nemico bisogna disporre di efficaci contromisure (farmaci o vaccini), nel caso in cui il patogeno dovesse sfuggire al controllo. Alla peggio, se non può annullare gli effetti dell’arma, l’attaccante dovrebbe almeno prendere precauzioni per evitare di esserne colpito.

Per il Covid-19 non esistono vaccini e l’attuale pandemia vede colpiti tutti i principali attori mondiali. Se il virus è stato utilizzato da cinesi, americani o da chiunque altro, non si vede nessuno che possa averne tratto beneficio. Non solo: uno dei motivi per cui si è avuta una così grande diffusione del virus è stato il comportamento dei paesi colpiti, che sono rimasti aperti al transito internazionale di persone fino a che la situazione non è diventata così critica da costringerli alla chiusura.

Se le argomentazioni scientifiche non sono sempre comprensibili a tutti, l’assenza di un soggetto internazionale che abbia ottenuto vantaggi o adottato comportamenti “sospetti” appare evidente. Questo fatto da solo toglie credito all'ipotesi di un attacco biologico come causa scatenante della pandemia. Anche l'eventualità di un incidente viene contraddetta dal comportamento della Cina, che ha adottato misure di contenimento soltanto a metà gennaio, quando ormai il virus stava dilagando. L’attuale situazione dimostra anche un'altra cosa: nel mondo di oggi, per via delle interconnessioni globali, è particolarmente difficile evitare di essere colpiti da un’epidemia pur trovandosi a grande distanza dal suo focolaio. Per questo un attacco biologico su vasta scala appare di difficile attuazione.

Concludendo, non si vuol però affermare che nel mondo contemporaneo il rischio di un attacco biologico sia inesistente; vi è una lista infinita di organizzazioni che non esiterebbero a fare una cosa del genere: gruppi terroristici, sette religiose e chissa cos'altro. I conflitti degli ultimi anni ci dimostrano che un organizzazione terroristica può avere un peso pari a quello di un esercito regolare, se adotta la giusta strategia. In questo tipo di confronto "asimmetrico", l'avere nel proprio arsenale l'arma biologica (o nucleare) è il sogno di qualunque leader terrorista: sarebbe la carta vincente con cui costringere il nemico a riconoscerlo e a doverci trattare.