Alcuni mesi fa, mentre mio figlio era intento a guardare i cartoni animati sul suo tablet, impostato con i controlli parentali più stringenti, ho dovuto constatare che l'efficacia di questi ultimi è quantomeno discutibile.
Facendo zapping tra un cartone e l'altro, era incappato in un video con i personaggi del cosiddetto "Italian Brainrot". Si tratta di creature inverosimili, nate da immagini generate con l'intelligenza artificiale: Bombardiro Crocodilo, un ibrido tra un coccodrillo e un aereo; Trallallero Trallalà, uno squalo che indossa sulle pinne delle scarpe sportive; Ballerina Cappuccina, una ballerina la cui testa è una tazza di cappuccino, e molti altri. Personaggi divenuti popolari in meme e video destinati a un pubblico adulto, finendo poi per conquistare anche i bambini. Per questi ultimi sono stati prodotti dei cartoni animati, con trama e contenuto adeguato rispetto all'età di chi deve visionarli.
Bene, mentre mio figlio guardava tale video, il personaggio di Trallalero Trallalà lanciò inaspettatamente un bestemmione, colpendo tutte le principali religioni monoteiste. Dopo essere rimasto di stucco, ho compreso che il cartone in questione era uno di quelli destinati agli adulti e la presenza dei personaggi Brainrot, utilizzati anche in cartoni per l'infanzia, doveva aver ingannato il sistema di protezione.
Non intendo fare qui una battaglia (persa) contro il linguaggio scurrile o blasfemo di meme, video o altro; anzi sono il primo a fare mea culpa: non sono cresciuto né alla corte di Francia né in un collegio di Gesuiti, e il mio linguaggio, per chi mi sente parlare, può risultare forse un po' troppo sboccato. Credo inoltre che l'esposizione dei bambini a un linguaggio di questo genere, prima o poi finisca sempre per capitare, come del resto è capitato alla stragrande maggioranza di noi da piccoli. Certo, quando questo modo di esprimersi gode del privilegio dato dalla viralità, può portare a situazioni quantomeno imbarazzanti, come quella riportata nel seguente articolo:
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Cose del genere possono creare problemi per chi lavora nel settore educativo-pedagogico, e che magari finisce ingiustamente nel mirino dei genitori, i quali pensano che tale linguaggio venga appreso all'asilo, a scuola ecc. e che gli educatori non facciano abbastanza per correggere certi comportamenti. Ma non è questo il punto.
Lasciare in mano ai bambini un tablet o altro dispositivo in grado di connettersi alla rete implica che lo stesso sia protetto tramite le funzioni di controllo parentale: si tratta di filtri che bloccano determinati contenuti in base alla fascia di età che viene selezionata. Inoltre, è possibile aggiungere ulteriori limitazioni, per esempio impedendo ai risultati delle precedenti ricerche di comparire in evidenza, oppure stabilendo un tempo massimo giornaliero per l'utilizzo. Altra funzione utile è quella del monitoraggio attività e ubicazione, anche se questa potrebbe portare il genitore a sviluppare manie di controllo del tutto deleterie...
Tutte queste forme di protezione si rendono necessarie in quanto i pericoli nei quali un minore può incappare navigando per la rete sono ben più gravi della mera esposizione a un video con contenuti scurrili.
Se il dispositivo è stato pensato per l'utilizzo specifico da parte dei bambini, saranno inoltre presenti delle applicazioni dedicate, in grado di garantire una più facile fruizione dei contenuti e un maggior livello di filtraggio. Ma anche queste, stando a quando riportano alcuni articoli pubblicati in rete, non sono infallibili e possono lasciar passare dei contenuti inadeguati.
Per comprendere il funzionamento di tali applicazioni, riporto un link alla pagina FAQ di YouTube Kids, una delle più famose, alla voce "Come vengono inseriti i video nell'app YouTube Kids?":
Community YouTubeSe vi prendete tempo per leggerla, vedrete che si parla tanto di filtri automatici, basati sui testi e sulle miniature dei video, che dell'intervento umano tramite revisione degli stessi contenuti approvati dai filtri e segnalazioni effettuate dagli utenti.
Ora, che i filtri automatici non possano essere affidabili al 100% è cosa scontata, poiché un video in apparenza innocuo potrebbe non essere adatto a un minore; ma evidentemente anche da parte dei revisori non c'è stato un grandissimo impegno: avrebbero dovuto conoscere il fenomeno Brainrot e sapere che sotto tale etichetta passano sia contenuti per adulti che per bambini. I video in questione sono stati poi bloccati, una volta ricevuta la segnalazione, ma ormai la notizia aveva già fatto il giro della rete...
Alla fine, anche se c'è la tentazione di affermare che tale problema potrebbe essere risolto grazie all'implementazione di apposite intelligenze artificiali, non resta che concludere con la solita affermazione, forse un po' banale ma sempre valida, ovvero che il controllo parentale non può essere demandato totalmente a terzi (app, dispositivi, la scuola, la parrocchia ecc.) ma richiede una partecipazione attiva da parte dei genitori.

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