Fotografare con lo smartphone - Lezione 1

Nonostante gli smartphone siano ormai gli strumenti fotografici più utilizzati, le tecniche per sfruttarli al meglio sono poco conosciute. Proviamo a colmare questa lacuna!

La maggior parte dei corsi di fotografia si rivolge agli utilizzatori di fotocamere ad ottica intercambiabile (reflex digitali e mirrorless). Noi invece ci siamo posti il problema di fornire dei consigli tecnici e artistici utili alla massa degli utenti che, vuoi per mancanza di uno specifico interesse verso la fotografia o, più semplicemente, perché non intendono dedicarci un patrimonio, utilizzano lo smartphone. Per questo abbiamo pensato a un breve corso che possa aiutare l'utente medio a migliorare la propria abilità nel realizzare foto senza dover acquistare specifiche attrezzature, ma adoperando solo il proprio cellulare.

Questo corso ha sostanzialmente due obiettivi:
1) Fornire le conoscenze tecniche di base sulle fotocamere utilizzate nei telefoni cellulari, spiegare in breve il loro funzionamento e l’utilizzo delle funzioni standard;
2) dare agli utenti una “base artistica” sulla composizione fotografica, suggerendo un repertorio di modelli semplici da cui attingere per creare le proprie immagini.

Fatte queste premesse, possiamo incominciare con la prima lezione!

LA FOTOCAMERA E IL SUO FUNZIONAMENTO

1.1 - I sensori
Le fotocamere utilizzate negli smartphone sono composte da due elementi fondamentali: il sensore e l’obiettivo.
In molti telefoni cellulari sono presenti più fotocamere; ognuna di queste è costituita da sensori e obiettivi che possono essere (e spesso sono) differenti tra loro.

I sensori fotografici hanno due caratteristiche che ci interessano: le dimensioni e la risoluzione.
Pur essendo tutti molto piccoli, al fine di essere contenuti in un dispositivo compatto e portatile, tra i sensori ci sono tuttavia differenze significative nelle dimensioni; le loro misure vengono espresse in pollici inglesi, indicati col segno ” (1”=2,54cm), per via di una consuetudine nata molto tempo fa, nell'indicare le dimensioni degli schermi televisivi e dei tubi catodici. I sensori fotografici degli smartphone, avendo dimensioni minuscole, presentano grandezze indicate in frazioni di pollice; avremo quindi, per esempio, sensori da 1/4”, 1/3”, 1/2”, 1/1.7”, 1/1.6” ecc.
Tutti hanno forma rettangolare, con un rapporto tra i lati di 4:3; per questo le immagini ottenute hanno anch’esse tale formato.
Come regola generale, un sensore più grande produce immagini migliori rispetto a uno più piccolo, sia a livello di dettaglio che di esposizione.

Un’altra caratteristica importante di cui tener conto è la risoluzione, ovvero il numero di megapixel (mpx) contenuti nel sensore. Avere una buona risoluzione è utile per stampare immagini di grosse dimensioni, oppure per poter tagliare una parte di immagine mantenendo comunque abbastanza pixel in quella rimanente.
Le dimensioni dei singoli pixel non sono fisse, ma variano in base a quelle del sensore e al loro numero; due sensori di dimensioni differenti, poniamo da 1/2” e 1/3”, entrambi da 12 mpx, hanno la stessa risoluzione ma pixel di dimensioni differenti. In quello da 1/2" sono più grandi e hanno maggiore capacità di rendere i dettagli più fini, nonchè le variazioni di luminosità.
Se un sensore è molto piccolo, non ha senso che abbia troppi megapixel; pur producendo foto di buona risoluzione, queste verrebbero poco dettagliate per via dei pixel troppo piccoli e ravvicinati. Inoltre, nel fare foto in situazioni con poca luce, i sensori piccoli con troppi megapixel tendono a sgranare di più.

Negli ultimi anni si sono diffusi sensori che utilizzano i pixel in gruppi, per esempio i quad-bayer. Questi hanno spesso risoluzioni nominali altissime, ma che nei fatti vanno suddivise per il numero di pixel utilizzati in gruppo. Ad esempio un quad-bayer da 48 mpx utilizza i pixel a gruppi di 4 e produce (nella modalità standard) immagini da 12 mpx, nelle quali l’esposizione è molto più equilibrata rispetto a un sensore privo di questa tecnologia.

1.2 - Gli obiettivi
Diversamente dalle compatte “budget” usate fino a pochi anni fa, prevalentemente dotate di obiettivi zoom, i cellulari utilizzano obiettivi a focale fissa. Non è possibile pertanto variare l’inquadratura. Sebbene alcune case costruttrici, riferendosi ai loro modelli di punta, parlino di "zoom ottico", in realtà tali telefoni sono dotati di più fotocamere, ognuna dedicata a un differente tipo di inquadratura fissa. Viene definito erroneamente come zoom ottico il cambio di selezione tra una fotocamera e l'altra, o la combinazione di questo con lo zoom digitale. Mentre una fotocamera dotata di obiettivo zoom usa sempre il medesimo sensore, qui entrano in scena più fotocamere con sensori e obiettivi differenti.
L’unico zoom esistente negli smartphone, quello digitale, comporta una perdita di dettaglio evidente. Per quanto le case produttrici vantino sistemi di interpolazione eccellenti, la differenza rispetto a un immagine priva di zoom digitale si vede, pertanto si consiglia di non utilizzarlo mai.

Sulle caratteristiche degli obiettivi ci sarebbe molto da dire, ma i produttori non forniscono, tranne che in pochi casi, i dati tecnici dei loro prodotti. L’unica caratteristica che viene solitamente specificata è l’apertura.
Indicata con un numero preceduto dalla lettera F (solitamente minuscola), rappresenta la capacità di far passare la luce. Più il numero è piccolo, maggiore è la capacità di far passare la luce. Alcuni fabbricanti indicano il valore di apertura in termini di operazione matematica (f 1:1.8 o f 1/1.8 al posto di f 1.8); la parte di cui tener conto in questo caso è sempre il numero finale.
Mentre gli obiettivi delle fotocamere tradizionali sono dotati di un diaframma a iride, che permette loro di chiudersi facendo passare meno luce, nei cellulari l’apertura è quasi sempre fissa alla massima luminosità. Tra un modello e l’altro possono esserci quindi differenze nella capacità di fotografare in condizioni di luce scarsa.

L’apertura non è l’unica caratteristica che conta in un obiettivo; molto importanti possono essere caratteristiche come la nitidezza (capacità di cogliere i dettagli più fini) o la qualità del trattamento antiriflesso (limita la formazione di aloni e artefatti nelle immagini quando si fotografa in controluce). Tuttavia non è facile trovare informazioni specifiche su questi dettagli per ogni modello di telefono, pertanto li si dovrà valutare sul campo.

Foto 1: immagine sovraesposta. Notate l'area "bruciata" sopra il faretto.

1.3 - L’esposizione
L’esposizione è l’atto di acquisire la foto, facendo in modo che la luce imprima l’immagine sul sensore. Il termine deriva dalla fotografia analogica, dove la pellicola, tenuta al riparo all’interno della fotocamera, durante lo scatto viene esposta alla luce; un meccanismo denominato otturatore infatti permette a quest’ultima di passare per una limitata quantità di tempo, decisa dal fotografo. Nella fotografia digitale avviene qualcosa di simile, e i problemi che possono verificarsi sono gli stessi.
Nel realizzare la foto, è infatti importante che la quantità di luce catturata dal sensore sia quella corretta: non troppa, né troppo poca. Altrimenti avremo, rispettivamente, immagini sovraesposte o sottoesposte. Nelle immagini sovraesposte le zone più luminose della scena sono totalmente “bruciate” e prive di dettagli visibili (foto 1), mentre in quelle sottoesposte sono le parti più scure ad essere totalmente nere (foto 2).

Foto 2: immagine sottoesposta. Nelle zone più scure (ex: la cornice) i dettagli non sono leggibili. Aumentare la luminosità tramite software porterà solo a sgranature. 


L’esposizione viene governata da tre fattori, ognuno dei quali influenza gli altri: il tempo di esposizione, la sensibilità del sensore e l’apertura dell’obiettivo.

Il tempo di esposizione è la misura, in secondi, dell’istante, più o meno lungo, durante il quale il sensore riceve la luce.
Più il tempo è breve, minore è la quantità di luce che viene fatta passare; se scattiamo una foto in pieno giorno, col sole, e andiamo a controllare i parametri utilizzati, vedremo che il tempo di esposizione sarà piuttosto breve (una frazione pari a centesimi, o anche millesimi, di secondo). Di contro una foto notturna vedrà utilizzare un tempo più lungo. E’ importante sapere che il tempo di esposizione influenza anche la capacità della fotocamera di congelare l’istante; un tempo di esposizione troppo lungo potrebbe pertanto impedirci di fare foto a mano libera, poiché verrebbero mosse.

Per fortuna il tempo non è l’unico parametro a determinare l’esposizione; qualora la quantità di luce ambientale fosse scarsa, per non dover allungare troppo il tempo di esposizione può essere aumentata la sensibilità del sensore.
I sensori hanno infatti un valore di partenza, misurato secondo lo standard ISO, che può essere incrementato per aumentare la sensibilità. Solitamente i cellulari hanno sensibilità di base tra i 50 e gli 80 ISO, ma anche altri valori sono possibili. All’aumentare del valore, aumenta la capacità di lettura della luce, di conseguenza diminuisce proporzionalmente il tempo di esposizione necessario. Facciamo un esempio: poniamo di avere un valore di sensibilità impostato a 100 ISO; il tempo di esposizione necessario risulta essere 1/15 s. Se ora raddoppiassimo la sensibilità, portandola a 200 ISO, vedremmo che, nelle stesse condizioni di luce, il tempo necessario sarà dimezzato a 1/30 s.
Aumentare la sensibilità non è tuttavia senza conseguenze per la qualità delle immagini; in base alle caratteristiche e prestazioni del sensore, salire sopra un certo valore ISO comporterà immagini sgranate con perdita dei dettagli più fini.

L’ultimo parametro che entra in gioco è l’apertura; un telefono con l’obiettivo più luminoso potrà esporre, a parità di condizioni di luce, con un tempo più breve e ISO più bassi rispetto a un modello meno luminoso. Il vantaggio in termini pratici tra un modello e l'altro non sempre sarà così rilevante, per esempio tra un cellulare con apertura f 2 e uno con f 1.8 la differenza è minima.

Foto 3: in questo caso si è cliccato su un punto con luminosità intermedia per regolare l'esposizione. Il risultato non è il massimo, ma è sicuramente migliore delle foto 1 e 2.

Ho già accennato al fatto che gli smartphone hanno quasi tutti obiettivi privi di diaframma ad iride, pertanto l’apertura resta, nella maggior parte dei casi, un parametro non modificabile; il tempo di esposizione e la sensibilità invece possono variare sia automaticamente che, attraverso la modalità “PRO”, in base alle nostre impostazioni manuali. In questo corso ci baseremo principalmente sulla modalità automatica, in quanto rientra maggiormente nella filosofia di utilizzo dei telefoni cellulari. Esamineremo la modalità manuale solo verso la fine, mostrando alcune delle sue potenzialità.

L’esposizione automatica funziona in modo efficace se la scena che vogliamo riprendere ha un’illuminazione uniforme in tutte le sue parti. Vi possono essere problemi però quando la stessa scena presenta al suo interno zone molto illuminate ed altre quasi completamente al buio. Cliccando sul touchscreen in una parte dell’immagine illuminata in modo intermedio, possiamo dire al nostro dispositivo di prenderla come riferimento (foto 3). Purtroppo, a causa dei limiti tecnici dei sensori di piccole dimensioni, non sempre sarà possibile risolvere la situazione. Più avanti nel corso vedremo come fare in questi casi.

ESERCIZIO 1: nella memoria del vostro telefono cercate se vi sono delle foto sovraesposte e/o sottoesposte, per imparare a identificare l'errore. Cercatene poi alcune fatte all’aperto in pieno giorno e altre fatte di notte (oppure in interni) per confrontare tempi di esposizione e valori ISO utilizzati.

1.4 - Messa a fuoco e profondità di campo
La messa a fuoco nelle fotocamere dei cellulari raramente costituisce un problema; quasi sempre infatti l’immagine apparirà nitida in tutte le sue parti e non sarà necessario scegliere cosa avere a fuoco. Con gli smartphone è infatti difficile isolare il soggetto sfocando lo sfondo, se non ricorrendo alla simulazione fornita dalla cosiddetta modalità “ritratto” [1] o scattando foto a soggetti molto vicini (a poche decine di centimetri).
La messa a fuoco è una questione di distanze. Se un soggetto si trova, poniamo, a un metro dal cellulare, questo imposterà sì la messa a fuoco su quella distanza, ma non saranno solo gli elementi distanti un metro a essere nitidi, bensì tutta una parte di immagine compresa entro una distanza minima e una massima dal fotografo; questo è il cosiddetto “campo di messa a fuoco”, più comunemente noto come profondità di campo. E’ una caratteristica che varia a seconda della distanza a cui viene impostata la messa a fuoco. Potremo facilmente notare infatti che, mettendo a fuoco un soggetto distante pochi centimetri, non riusciremo ad avere a fuoco anche lo sfondo (foto 4), a meno che quest’ultimo non sia vicinissimo al soggetto. Impostando la messa a fuoco molto vicino a noi infatti avremo una profondità di campo ridotta. Se invece intendiamo fotografare soggetti oltre una certa distanza, sarà tutto a fuoco grazie alla profondità di campo più estesa.
Ad influire sulla profondità di campo sono anche altre caratteristiche del cellulare, come l'apertura dell'obiettivo e la grandezza del sensore. Tuttavia, seppur vi siano differenze fra un cellulare e l’altro, si può dire che tutti abbiano una profondità di campo decisamente estesa.

Foto 4: la messa a fuoco è stata impostata a corta distanza, cliccando su uno dei fiori. Notate lo sfondo fuori fuoco.

La maggior parte degli smartphone sono dotati di autofocus, almeno per quanto riguarda la fotocamera principale. Questo, combinato con la profondità di campo che abbiamo appena trattato, rende difficile sbagliare la messa a fuoco. Se tuttavia vogliamo riprendere un soggetto molto vicino, a distanza di pochi centimetri, meglio non fidarsi troppo degli automatismi e utilizzare le comode funzionalità del nostro touchscreen per far capire alla fotocamera dove mettere a fuoco; sarà infatti sufficiente cliccare sul soggetto, dopo aver inquadrato e composto l’immagine, per vederlo diventare magicamente più nitido.
Oltre all’autofocus esiste un'altra tipologia di messa a fuoco, decisamente più budget, che un po’ di anni fa utilizzavano i cellulari di fascia economica e attualmente si può ritrovare, in molti modelli, nella fotocamera per i selfie: la messa a fuoco fissa. In pratica l’obiettivo viene regolato, in fase di fabbricazione, su una distanza che permette di utilizzare al meglio la profondità di campo e lì resta fisso, permettendo comunque la ripresa in molte situazioni. Ovviamente la ripresa di soggetti molto vicini con un tale genere di fotocamera non potrà avvenire mai.

ESERCIZIO 2: provate a mettere a fuoco un soggetto molto da vicino sfocando lo sfondo, poi allontanatevi sempre di più, mettendo a fuoco sempre sullo stesso soggetto, fino a quando non vedete che l’immagine appare tutta a fuoco.

Alla prossima lezione!

Per continuare il corso cliccate qui!


[1] In molti modelli l’attivazione della funzione AI fa partire in automatico la modalità ritratto quando vi è una persona a corta distanza. Si consiglia di disattivare l’AI per fare il corso.