Comprendere il funzionamento del design comportamentale, nell’era dell’economia dell’attenzione e dell’iperdigitalizzazione, è più che mai urgente e persino eticamente doveroso.
Siamo forse consapevoli dell'enorme impatto che l'accelerazione della circolazione dei flussi materiali e immateriali esercita sulla nostra percezione del tempo?
Questa compressione temporale non è più un semplice dettaglio logistico, ma è divenuta un fulcro critico nella competizione globale che definisce il successo o il fallimento delle nazioni e delle aziende.
Un tempo, in un'era dominata dalla sola geopolitica dello spazio, il territorio rappresentava la risorsa suprema. La rivoluzione digitale ha però ampliato questi spazi, i quali si estendono ben oltre i data center e utilizzano nello specifico il nostro spazio mentale per diversi motivi. Principalmente profitto.
Nell'odierno teatro globale, le vere risorse della sicurezza risiedono nell'agilità con cui navigare e dominare lo spazio dei "flussi": flussi di informazioni, capitali e influenze culturali. E al centro di questo vortice sta l'attenzione, la nostra moneta più preziosa di un’economia iperdigitalizzata.
Con la tecnologia che ha, ormai, pervaso la nostra quotidianità e la molteplicità di stimoli che competono per la nostra attenzione, il modo in cui vengono progettati servizi e prodotti può avere un impatto significativo sulle persone.
Attraverso l'applicazione di alcuni principi della psicologia comportamentale e della scienza dei dati è possibile influenzare i processi comportamentali e decisionali di un fruitore, guidando quest’ultimo verso azioni desiderate.
Per le nostre imprese comprendere il modello comportamentale degli utenti è diventato fondamentale per progettare prodotti e servizi efficaci. In questo articolo esploreremo il ruolo critico che il comportamento umano gioca nel processo di design e nell'esperienza utente (UX) e come questo aspetto stia prepotentemente influenzando il futuro del settore e non solo.
Ma come è possibile influenzare un utente e convincerlo ad interagire con un’interfaccia?
Come funziona la mente di un utente?
Prima di parlare di come le tecniche di design comportamentale applicate al digitale possano influenzare in maniera significativa e decisiva gli utenti, è importante capire come funziona la nostra mente.
Molte di queste scoperte possono essere ricondotte al lavoro dei due psicologi israeliani Kahneman e Tversky, i quali hanno scoperto che la stragrande maggioranza delle decisioni che prendiamo sono dettate da irrazionalità, automatismi e inconscio.
Il nostro cervello è sempre alla ricerca di piccole scorciatoie mentali, quindi raramente dobbiamo usare la parte "lenta" e razionale del nostro cervello, che richiede molta energia cognitiva. Anzi, la usiamo sempre meno. Questo fenomeno viene chiamato dai due psicologi "euristica" (scorciatoia mentale). In linea di principio, modellare il comportamento si riduce ad aiutare le persone a prendere decisioni più facilmente e senza utilizzare troppa energia cognitiva.
Una delle scorciatoie che è più facile trovare nella mente di un utente è il bias di conferma, che porta le persone a cercare informazioni che confermano le loro convinzioni preesistenti, ignorando quelle che le contraddicono.
Questo fenomeno può influenzare il modo in cui gli utenti interpretano e reagiscono alle informazioni presentate nelle interfacce digitali.
Un’altra scorciatoia importante è l'effetto di “framing”, che indica come le persone prendano decisioni diverse a seconda di come vengono presentate loro le informazioni. I designer devono quindi considerare attentamente il modo in cui presentano le informazioni nelle loro interfacce per sfruttare questi principi a vantaggio dell'utente.
Come fare per comprendere il comportamento di un utente?
Per attuare in maniera oculata e scrupolosa strategie di design comportamentale è necessario effettuare una ricerca qualitativa: la ricerca sugli utenti rappresenta un vero pilastro in ottica sviluppo di prodotti e servizi orientati verso la soddisfazione dei bisogni di un utente.
Ma come si può condurre una ricerca qualitativa efficace? Diverse pratiche possono risultare utili ai fini della perfetta riuscita di questo intricato processo di ricerca. Interviste approfondite, osservazioni dettagliate, test con gli utenti e molto altro ancora: sono i tanti i modi tramite i quali è possibile raggiungere l’obiettivo finale, ovvero quello di raccogliere quante più informazioni possibili sugli utenti.
Pro, contro, esigenze, note dolenti e non solo: le opinioni, le esperienze e le necessità degli utenti devono essere al centro di ogni decisione di design digitale e qualsiasi dato può essere sfruttato per la creazione di servizi e prodotti più utili, piacevoli e facili da utilizzare.
Oltre alla ricerca qualitativa, è possibile usufruire dell’analisi delle metriche del comportamento dell’utente (dati quantitativi): clic, tasso di conversione, tempo di permanenza su una determinata pagina, conteggio degli eventi e chi più ne ha, più ne metta. Queste metriche forniscono dati quantitativi sulle azioni degli utenti, e tramite la loro analisi è possibile valutare l'efficacia del design e identificare, eventualmente, delle aree di miglioramento
I meccanismi fondamentali del design comportamentale
Il design comportamentale è un metodo per progettare attivamente comportamenti e abitudini.
Incoraggiare le persone ad acquistare o donare regolarmente. Convincere le aziende ad agire in modo più rispettoso dell’ambiente. Incoraggiare le aziende a lavorare in modo più centrato sull’utente.
Il design comportamentale mira a rendere il comportamento più comprensibile con l'aiuto della psicologia e dell'economia comportamentale, quindi utilizza metodologie del design thinking per sviluppare soluzioni che aiutino le persone a prendere decisioni per se stesse e per gli altri.
Al giorno d’oggi ci troviamo letteralmente immersi in un oceano di dispositivi digitali, applicazioni e piattaforme online.
L'infiltrazione pervasiva degli strumenti digitali nella quotidiana delle nostre vite ha trascinato con sé non solo trasformazioni comportamentali, ma ha anche lasciato un'impronta indelebile sulla nostra stessa architettura cerebrale.
Si può parlare, senza eccesso di retorica, di un vero e proprio assottigliamento sinaptico, una riduzione delle connessioni neuronali che un tempo vibravano di attività e ora languono in uno stato di sotto-utilizzo.
Ma qual è l'entità reale di questa metamorfosi biologica e quali sono le sue implicazioni più profonde?
Una conseguenza palpabile di questa invasione digitale è l'emergere di una società sempre più apatica ed estremamente in preda a bias cognitivi e reazioni sempre più automatiche. La digitalizzazione, con tutte le sue promesse di connettività e accesso universale all'informazione, ha paradossalmente costruito muri invisibili che ci isolano nel comfort solitario dei nostri spazi personali.
Ancora più allarmante è il contributo di questa tecnologia alla nascita di nuove forme di dipendenza. Queste sono semplici abitudini che intrappolano gli individui in cicli di gratificazione immediata (dovuta a dopamina), alimentati dalla costante stimolazione digitale.
Che si tratti del nostro fido smartphone dal quale fatichiamo a separarci, della televisione che sembra sempre più “smart” giorno dopo giorno, dei vari social media che popolano il nostro panorama digitale o dei coinvolgenti giochi online, siamo circondati da una moltitudine di stimoli visivi, sonori e testuali.
Questo affollato panorama crea delle dinamiche fortemente competitive: così aziende e designer sono costretti a dar vita ad una sorta di “lotta” senza esclusione di colpi pur di attirare e mantenere la nostra attenzione e generare ricordi.
In questo scenario, emergono i meccanismi fondamentali del design comportamentale. L'uso sapiente di trigger emotivi diventa l'arma segreta di chi prova, nei più svariati modi, ad influenzare le nostre scelte e i nostri comportamenti.
Il modello comportamentale proposto da BJ Fogg
Al fine di comprendere al meglio il design comportamentale, può risultare utile approfondire il modello proposto da BJ Fogg, professore alla Stanford University e fondatore del Stanford Behaviour Design Lab.
All’interno del particolare mondo dell’esperienza utente (UX), in fase di progettazione viene presa in considerazione una delle principali aree di interesse del design comportamentale: i trigger comportamentali. Essi, possono essere interni o esterni, e sono in grado di spingere l’utente a compiere una determinata azione.
Ai trigger (T) si affiancano altre due componenti fondamentali per spiegare il comportamento (C) di un utente: abilità (A), ovvero la capacità di compiere un’azione), e motivazione (M), il desiderio di compierla.
La formula teorizzata da BJ Fogg è dunque la seguente: C=MAT. Un Comportamento, dunque, avviene quando si presenta l’interazione simultanea di Motivazione, Abilità e Trigger.
Il designer deve dunque trovare il trigger comportamentale giusto che spinga l’utente a compiere l’azione desiderata. Ed è così che lo sviluppo dell’esperienza utente e il design comportamentale intersecano le loro strade.
L'incessante avanzamento tecnologico dovrebbe imporci una riflessione acuta sui suoi effetti neurologici: come modifica il tessuto stesso del nostro comportamento?
Gli studi di neuroscienze hanno chiarito che l'uso prolungato di specifici strumenti e funzionalità non porta ad un atto neutrale per il nostro cervello. Al contrario, esso comporta un reale e misurabile cambiamento delle sue componenti.
Quando adoperiamo ripetutamente una funzionalità, si assiste a una specie di ipertrofia nella regione cerebrale corrispondente.. Questo fenomeno avviene a discapito di altre aree, che vedono la loro dimensione contrarsi per mancanza di stimolazione. Questo processo, chiamato plasticità cerebrale, riflette un'adattabilità sorprendente del cervello umano, ma svela anche una vulnerabilità inquietante.
Le emozioni nel design comportamentale
Per delineare una perfetta strategia di design comportamentale non si può prescindere dal capire e dall’analizzare a fondo il ruolo che gli stimoli emotivi ricoprono nel design dell'interfaccia utente (UI).
L’assenza di emozione corrisponde all’assenza di interazione: senza emozioni l’utente non si sentirà coinvolto e non usufruirà dei prodotti e dei servizi che gli vengono offerti.
Tramite il corretto uso delle emozioni, dunque, i designer possono trovare il modo di favorire il coinvolgimento degli utenti, di cambiare il loro modo di percepire il prodotto / servizio e di incentivare specifici comportamenti, nel breve, medio e lungo termine.
Colori, immagini, un linguaggio chiaro e conciso: ogni azienda può trarre solamente benefici dall’aumentare della soddisfazione di un utente.
Cosa possono fare le nostre imprese? Ecco alcuni piccoli consigli utili:
- Provocare emozioni positive. In questo modo gli utenti saranno più propensi ad utilizzare il servizio e lo ricorderanno con piacere. Usare colori caldi e vivaci per creare un senso di eccitazione, oppure colori tenui e delicati per dar vita ad una sensazione di calma e relax.
- Sfruttare anche le emozioni neutre. Non bisogna esagerare con le emozioni positive: a volte, può risultare necessario fare affidamento ad emozioni neutre, quando questo viene ritenuto opportuno. Potrebbero rivelarsi utili per creare un senso di autorità e professionalità;
- Evitare le emozioni negative. Sensazioni come rabbia, tristezza e paura porteranno l’utente a ricordare negativamente il prodotto / servizio e ad evitare ogni tipo di interazione.
Emozione, ma anche motivazione
Oltre all’emozione, anche la motivazione è un elemento da considerare all’interno di una strategia di design comportamentale. L’obiettivo di un designer è quello di comprendere cosa può motivare gli utenti, e utilizzare queste informazioni per progettare interfacce che li incoraggino ad agire e interagire.
Sempre più utenti sono motivati dal desiderio di status e riconoscimento: è questo il motivo per cui le piattaforme social che permettono di mostrare la propria creatività e guadagnare consensi (come Instagram e TikTok) risultano particolarmente efficaci nel mantenere il coinvolgimento degli utenti.
Molto importante per gli utenti, inoltre, è il desiderio di realizzazione: sempre più persone vengono motivate dalla soddisfacente sensazione di successo che deriva dal completamento di un compito o dal raggiungimento di un determinato obiettivo. Suddividere i compiti in passaggi più brevi e gestibili, unito al fornire feedback sui progressi durante il processo, può essere la strada da seguire per i designer intenzionati a creare interfacce che incoraggino gli utenti all’azione e al coinvolgimento.
Ruolo del design comportamentale
Il design comportamentale si pone l'obiettivo di ottimizzare l'uso dell'attenzione degli utenti. Ma come può un designer riuscire ad “entrare nella mente” di un utente e influenzare i suoi comportamenti?
Esistono molteplici strategie da poter sfruttare per provare a persuadere un utente e condizionare le sue scelte.
Utilizzare in maniera corretta dei segnali visivi può risultare utile per indirizzare l'attenzione degli utenti su determinate informazioni importanti o per guidarli attraverso un processo. Ad esempio, i colori possono essere sfruttati per evidenziare elementi importanti o per creare un senso di urgenza. Inserire dei pulsanti call-to-action nella propria interfaccia può incoraggiare l’interazione con i contenuti.
Inoltre, è possibile stimolare l'interesse degli utenti e invogliare all’azione grazie all’utilizzo di un linguaggio persuasivo.
Facendo ricorso ad un linguaggio che sia al contempo chiaro, convincente e coinvolgente, i designer possono stimolare al meglio l'interesse degli utenti e invogliarli ad intraprendere azioni specifiche all'interno dell'interfaccia.
La FOMO nel design comportamentale
Nel contesto del design comportamentale è necessario tenere conto di un altro aspetto: la FOMO, acronimo di "Fear Of Missing Out". Si tratta di un fenomeno psicologico sempre più diffuso nell’era digitale, un'ansia derivante dal timore che altre persone stiano ricevendo benefici o vivendo esperienze interessanti che noi stessi non stiamo sperimentando.
L’intera architettura dei social network è basata sul concetto di FOMO.
Si può utilizzare la FOMO in maniera strategica per influenzare il comportamento degli utenti?
Uno degli utilizzi più efficaci è quello di mostrare loro opportunità e attività che potrebbero perdere nel caso in cui decidessero di non interagire con l’interfaccia. Ad esempio, è possibile utilizzare offerte speciali per creare un senso di urgenza che spingerà l’utente a rispondere positivamente agli stimoli proposti.
Un ottimo modo per sfruttare la “fear of missing out” potrebbe essere quello di inserire recensioni e commenti che aumenteranno il senso di interesse nell’utente e lo incoraggeranno a provare il prodotto o il servizio offerto.
Non dimentichiamo l’architettura delle scelte
Un altro elemento fondamentale nel design comportamentale è la cosiddetta architettura delle scelte. Con questo termine ci si riferisce al modo in cui tutte le opzioni disponibili all’interno di un’interfaccia digitale vengono disposte: un’architettura ben studiata e perfettamente progettata può risultare essenziale per guidare gli utenti verso determinate scelte in modo intuitivo e chiaro.
Un’interfaccia che presenta opzioni in maniera logica e strutturata riduce al minimo emozioni negative come la confusione e la frustrazione. Allo stesso tempo, l’utente proverà delle emozioni totalmente positive: prendere decisioni rapide ed efficaci aumenterà il suo senso di soddisfazione e lo farà sentire calmo e rilassato. Grazie a questo “clima” disteso, inoltre, sarà più facile indirizzarli verso gli obiettivi desiderati e favorire l’interazione con l’interfaccia.
Le parole chiave, per i designer, sono dunque fluidità e intuitività: dar vita ad una struttura ben progettata aiuterà gli utenti nella navigazione e contribuirà a creare un’esperienza soddisfacente e altamente positiva.
La massima attenzione va dunque rivolta all’architettura delle scelte: si tratta di un aspetto fondamentale nel design comportamentale.
I possibili rischi legati al design comportamentale
Profitto e design comportamentale sono strettamente connessi.
Non si ottiene un notevole livello di obbedienza spaventando o minacciando le persone. La realtà dimostra infatti che le tecniche di persuasione altamente sofisticate — comunicative, informative, ludiche, sociali e psicologiche — quelle che utilizzano in sostanza quanto abbiamo discusso finora, si rivelano strumenti molto più efficaci per modellare il comportamento umano.
Le aziende di maggior successo non costringono, ma seducono, inducendo gli individui a identificarsi volontariamente con determinati modelli di comportamento che il sistema erige a norma e ideale di vita. Questa "normalità" presunta, che serve egregiamente agli scopi del potere dominante, si configura, però, come un manifestarsi di un conformismo esacerbato.
Per questo spesso mi viene da sorridere quando sento parlare oggi di etica in campo economico.
Si parla spesso di rispetto verso l’utente e di come evitare di sfruttare la vulnerabilità e la sensibilità delle persone o di non utilizzare tecniche di manipolazione in quanto esse potrebbero finire per creare dipendenza, mettendo a repentaglio la salute mentale del fruitore… Peccato che a partire dall’uso continuo di smartphone si ottiene una riduzione della propensione del pensiero lento.
Quanto profondamente ci rendiamo conto che il consumo incessante di media digitali trascende la semplice dipendenza per innescare un aumento dei comportamenti compulsivi anche verso determinate sostanze? Questo fenomeno non è da interpretare con superficialità, poiché segnala un'insidiosa erosione della nostra capacità di autocontrollo.
Rischi per l’utente… ma anche rischi per le nostre imprese
Per le nostre imprese non progettare in maniera corretta un’interfaccia digitale può portare ad una performance scadente e, addirittura in un numero sempre maggiore di contesti, ad un totale fallimento sul mercato.
Se non sfruttate a dovere, le strategie di design comportamentale otterranno uno scarso coinvolgimento da parte dell’utente o, addirittura, ad un alto tasso di perdita di essi. È fondamentale ascoltare le loro opinioni e i loro feedback, e cercare di soddisfare bisogni ed esigenze.
Non si deve fare affidamento ad una architettura delle scelte troppo complicate, così come non si deve giocare con le emozioni negative. Questo non creerà un senso di soddisfazione, bensì di frustrazione: una navigazione complicata, poco fluida e confusionaria non si tradurrà in interazione.
Utenti poco soddisfatti potrebbero arrecare un danno per il brand in termini di recensioni negative: la perdita di fiducia porterà vendite inferiori e ad una potenziale diminuzione del fatturato.
Se in fase di progettazione non si tiene conto di tutti i potenziali utenti, il prodotto rischia di non risultare accessibile per tutti come, ad esempio, persone con disabilità. Va ricordato che l’accessibilità è uno dei principali fulcri del design comportamentale nell’era del web di nuova generazione.
È qui che dobbiamo sottolineare il grande gap che esiste tra imprese che investono costantemente in ricerca quantitativa, qualitativa e design comportamentale, e le PMI nostrane che con estremo ritardo a malapena conoscono queste tematiche.
Il design comportamentale come strumento
Siamo arrivati alla fine di questo breve spunto alla scoperta del funzionamento del design comportamentale, elemento chiave nell’era dell’iperdigitalizzazione e che può risultare decisivo nell’era dell’economia dell’attenzione.
Grazie all’applicazione dei più importanti principi della psicologia comportamentale, i designer che si occupano della creazione di interfacce possono sviluppare strumenti perfetti e creare l’ambiente adatto per far vivere all’utente un’esperienza coinvolgente, soddisfacente e positiva.
Per fare in modo che tutto ciò possa accadere è necessario sfruttare al massimo i trigger, le emozioni, gli stimoli i colori, progettare architetture delle scelte fluide e chiare e applicare tecniche di persuasione.
I designer devono basare il loro lavoro sulle metriche di comportamento e sui feedback degli utenti, che forniscono informazioni a dir poco preziose sulla loro esperienza.
Identificare i problemi aprirà le porte ad infinite possibilità di apportare miglioramenti con l’obiettivo finale di creare esperienze utente che rispondano alle esigenze e alle preferenze degli utenti.
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