I knowledge worker, professionisti indispensabili dell’economia contemporanea, si trovano a dover affrontare l’ardua sfida di ridefinire il proprio ruolo in un contesto professionale sempre più dominato dall'intelligenza artificiale. Questo nuovo paradigma socio-economico, segnato dall'incalzante presenza delle tecnologie avanzate, non solo richiede un adattamento rapido ma impone in modo crescente una riflessione profonda sulle modalità operative, le competenze necessarie e il valore aggiunto che tali professionisti devono continuare a offrire in un mondo in cui l'algoritmo sembra sempre più voler dettare le regole.
È inutile negarlo o provare a nascondersi dietro ad un dito: gli strumenti di intelligenza artificiale stanno conquistando sempre più fette di operatività. L’IA è ormai entrata attivamente a far parte delle nostre vite ed è diventata una forza trainante di cambiamento in quasi tutti gli aspetti della società.
Consulenza, sanità, istruzione, finanza, marketing, vendite e non solo: l’IA è stata in grado di insinuarsi silenziosamente nella nostra quotidianità, rivoluzionando il modo in cui viviamo e in cui lavoriamo grazie ai diversi co-piloti. E siamo ancora solo all’inizio.
Se cambia il lavoro, di conseguenza, cambiano anche i lavoratori: questo è quanto si evince dal 2023 Work Trend Index redatto da Microsoft. L’82% dei dirigenti d’azienda intervistati hanno affermato che i propri dipendenti avranno bisogno di sviluppare nuove competenze per prepararsi alle novità portate dall’IA.
Si stima che i nuovi strumenti legati all’intelligenza artificiale finiranno per condizionare e influenzare rapidamente oltre 300 milioni di posti di lavoro in tutto il mondo. Ma le nostre aziende sono davvero pronte ad accogliere l’ondata di cambiamenti che arriverà nel corso dei prossimi anni?
In questo articolo approfondiremo il modo in cui le nuove tecnologie andranno ad influenzare il mondo lavorativo e quale impatto l’IA avrà sui knowledge worker e sul lavoro intellettuale.
In particolare parleremo di:
- Chi sono i knowledge worker?
- L’importanza della tecnologia per i knowledge worker
- Il momento giusto per investire nell’IA
- Intelligenza artificiale, il pezzo mancante del puzzle
- Intelligenza artificiale per i knowledge worker: i vantaggi
- Vantaggi non solo per l’operatività…
- Tanti vantaggi… ma non sottovalutiamo i rischi
- Investite nell’IA… ma fate attenzione!
- Il ruolo di imprenditori e manager
Chi sono i knowledge worker?
Prima di immergerci nell'analisi dell'impatto dell'IA sui knowledge worker, è fondamentale comprendere quali professionisti facciano parte di questa categoria e in che cosa consistano le loro mansioni.
Il saggista Peter Drucker, nel lontano 1959, pubblicò il libro “Landmarks of tomorrow” nel quale coniò il termine “knowledge worker”. Drucker parlò di questi professionisti come di figure il cui lavoro è basato principalmente sulla creazione, gestione e distribuzione della conoscenza.
Si tratta di lavoratori che svolgono una vasta gamma di task e di compiti che richiedono l’utilizzo delle competenze cognitive e della mente. Sono da considerare lavoratori della conoscenza tutti coloro che operano in settori come informatica, ricerca, sviluppo, marketing, pubblicità e non solo. Parliamo ovviamente di avvocati, scienziati, architetti, insegnanti, giornalisti, medici: tutto quello che accomuna i knowledge worker è la dipendenza dalla conoscenza per svolgere in maniera efficace il proprio lavoro.
Capacità di pensiero, problem solving, creatività: sono tutte caratteristiche che un lavoratore della conoscenza deve possedere per avere successo nel proprio campo.
Drucker definì il knowledge worker come un lavoratore che opera all’interno di un ambiente in continua trasformazione, dinamico e autonomo. Una definizione data sessant’anni fa ma che, ancora oggi, risulta attualissima: oltre alle competenze specifiche e alle doti analitiche, chi agisce in determinati settori deve saper innovarsi e rinnovarsi per rispondere ai persistenti cambiamenti.
L’importanza della tecnologia per i knowledge worker
La realtà attuale si discosta profondamente dal paradigma del sistema socio-tecnico della fabbrica del passato, dove il lavoratore era rigidamente incardinato in una rete di relazioni lavorative altamente strutturate, si configurava come un ingranaggio all'interno di un meccanismo impersonale e predeterminato.
Oggi le organizzazioni aziendali, dove opera un numero crescente di knowledge worker, si configurano come autentiche macchine decisionali e strutture complesse di processi interconnessi che gestiscono un flusso continuo di unità elementari di comunicazione o la conseguente comprensione e interpretazione delle stesse.
Queste reti decisionali concatenate non solo dovrebbero orchestrare l'interazione tra le varie componenti dell'organizzazione ma fungere anche da meccanismi di assorbimento dell'incertezza, operando come sistemi autoregolatori. Attraverso la definizione delle premesse decisionali, tali sistemi dovrebbero tracciare le linee guida per l'elaborazione di programmi e strategie, dimostrando così la loro capacità di adattamento e di controllo nel contesto dinamico e imprevedibile dell'ambiente esterno. Ed è proprio in tale contesto che va compreso il ruolo della tecnologia che, anno dopo anno, si impone come strumento strategico per il knowledge worker, rivestendo un ruolo cruciale per lo svolgimento delle proprie attività in maniera efficace ed efficiente.
Oggi, grazie all’utilizzo della tecnologia, il knowledge worker è in grado di accedere a una moltitudine di informazioni e risorse online. Infatti, basta un semplice clic per accedere a contenuti, database, dati e documenti utili per ogni tipo di mansione.
Inoltre, di recente, sono nati sempre più software e applicazioni progettati con l’obiettivo di facilitare il lavoro dei knowledge worker aumentando, allo stesso tempo, la loro produttività.
Software di gestione progetti, strumenti di raccolta e di analisi dei dati, programmi e applicazioni di grafica, calendari interattivi, traduttori e molto altro: grazie agli strumenti tecnologici, i knowledge worker possono riuscire ad organizzare al meglio il proprio lavoro con performance di alto livello e migliorando la propria efficienza.
Come se non bastasse, la tecnologia permette anche l’automazione di processi di routine: non dovendosi occupare di attività ripetitive, i lavoratori della conoscenza hanno l’opportunità di concentrarsi su compiti che richiedono creatività ed un’analisi attiva e accurata.
Infine, soprattutto negli anni post-covid, gli strumenti tecnologici hanno facilitato la collaborazione tra colleghi e il rapporto con i clienti: grazie agli strumenti di comunicazione istantanea e alle sempre più utilizzate piattaforme per videoconferenze e collaborazione online, ora è molto più semplice tenersi in contatto con persone distribuite in diverse località geografiche.
La tecnologia è uno strumento essenziale per il lavoro del knowledge worker ma fin qui abbiamo descritto strumenti nati più di quindici anni fa. A questo punto dobbiamo chiederci quale sia il ruolo dell’IA in questo contesto.
Il momento giusto per investire nell’IA
Fino a qualche anno fa l’intelligenza artificiale anche per la maggior parte degli addetti ai lavori era qualcosa di molto lontano, per non dire astratto. Il suo impatto sul mondo del lavoro dava l’idea di essere ancora un remoto barlume all’orizzonte.
Dopo il fatidico 30 novembre 2022, in cui è stato lanciato ChatGPT, lo sviluppo dell’IA generativa ha accelerato questo processo e, in pochissimo tempo, è entrata nella vita lavorativa del knowledge worker facilitando alcuni processi e semplificandone altri.
Gli ultimi strumenti di IA generativa (generatori di testo, immagini, video e molto altro) non richiedono enormi competenze tecniche per essere utilizzati: spesso basta un breve prompt per dare vita a contenuti (apparentemente) originali e con pochissime sbavature.
L’imperativo ora è investire, investire, investire nella formazione dell’IA partendo da un nuovo rapporto con la tecnologia.
A suggerire l’investimento è anche il report The Future of Jobs del World Economic Forum: le imprese guardano con occhio sempre più attento al futuro dell’intelligenza artificiale e sono sempre più convinte di inserire nel proprio team specialisti di IA e di apprendimento automatico.
Intelligenza artificiale, il pezzo mancante del puzzle
Oltre a dei punti di forza decisamente unici, come l’ingegno e la creatività, il cervello umano ha essenzialmente la capacità di comprendere contesti, assimilare e rielaborare informazioni. Parliamo fondamentalmente di pensiero critico e visione sistemica. Ed è proprio su ciò che bisogna concentrarsi.
Spesso si sente dire che “l’intelligenza artificiale toglierà il lavoro a milioni di persone”; considerazione alquanto superficiale e fuorviante. L’obiettivo delle aziende deve essere quello di sfruttare l’IA in maniera tale che i propri dipendenti possano aumentare le proprie capacità.
Bisogna fare però un doveroso passo indietro. Le conseguenze disastrose dovute a due elementi chiave come:
- L’economia dell'attenzione, ovvero il modello di business di applicazioni e social media che si fonda sulla cattura incessante della nostra attenzione attraverso stimoli continui e contenuti volutamente accattivanti;
- L’economia delle piattaforme (di cui spesso fanno parte alcune di quelle aziende elencate al punto precedente), ovvero realtà il cui modello di business si basa su piattaforme digitali, tecnologie e sistemi logistici evoluti per generare ricavi, il cui componente fondamentale è il flusso di dati scambiati o condivisi dai clienti
devono farci accendere un campanello di allarme nei confronti di quella visione ottimistica secondo cui un accesso più facilitato all'informazione e una comunicazione più agevole possano, di per sé, renderci più intelligenti, promuovendo una nuova forma di "intelligenza collettiva". Anzi, i lavoratori di oggi sono sommersi da un eccessivo flusso di informazioni ad alta velocità. Questa moltitudine di dati e informazioni sta creando un “divario digitale”, ovvero un accumulo sempre crescente di informazioni in attesa di essere elaborate, soprattutto dai knowledge worker. Ad esempio la quota di ore dedicate ad email, riunioni, videocall, corsi, e molto altro, sta aumentando sempre di più ed è qui che dobbiamo allarmarci per una conseguente riduzione della capacità di assimilare, interpretare informazioni e convertirle in conoscenza. Ma è anche proprio qui che potrebbe ad esempio intervenire a supporto l’intelligenza artificiale.
Gli strumenti che si basano su un’intelligenza artificiale possono autonomamente analizzare testi e dati, rintracciando da soli le informazioni più importanti per noi: in questo modo l’IA può far emergere elementi che il lavoratore non sapeva di dover cercare.
Il risultato? Lavoratori più informati, in meno tempo, che potranno prendere decisioni più consapevoli e guidate dai dati, ottimizzando processi e strategie aziendali.
Le soluzioni di intelligenza artificiale si potrebbero vedere, dunque, come il pezzo di puzzle che mancava per garantire ai dipendenti la possibilità di prendere decisioni aziendali basate su informazioni complete, predittive e intuitive.
Intelligenza artificiale per i knowledge worker: i vantaggi
Una ricerca condotta da Qatalog sulla percezione dell’IA da parte dei knowledge worker ha svelato un falso senso di sicurezza in merito all’impatto che gli strumenti basati sull’intelligenza artificiale finiranno per avere sul mondo del lavoro.
Questo fenomeno è stato chiamato “effetto ChatGPT": utilizzare questi software, all’apparenza, è molto semplice e, man mano che viene acquisita familiarità con tali strumenti, i lavoratori della conoscenza sembrano essere meno preoccupati della loro potenza.
Tranquilli! Non c’è alcun bisogno di preoccuparsi. L’IA generativa non finirà per rendere obsolete le attività svolte dal knowledge worker. Però è (molto) probabile che qualcosa cambierà nel mondo del lavoro e, di conseguenza, che cambieranno anche le competenze richieste.
Ma come può l’IA facilitare il lavoro di un knowledge worker? Ecco alcuni esempi oltre a quello citato sopra:
- Automazione dei flussi di lavoro: l’IA può far diventare un processo automatico le attività ripetitive e di routine. I lavoratori potranno, così, concentrarsi su compiti e mansioni più creativi, ragionati e strategici. Il 77% dei lavoratori coinvolti nell'indagine di Qatalog credono che l’IA migliorerà in maniera netta e decisiva il loro lavoro;
- Miglioramento della creatività: come affermato dal professor Tojin T. Eapen dell’Università del Missouri, l’IA può creare delle connessioni tra concetti diversi dando vita a nuovi pensieri e sviluppando nuove idee. Inoltre, essa sarà in grado di perfezionare queste nuove idee valutando altri criteri e fattori come costi, fattibilità, originalità e non solo;
- Analisi di una mole infinita di dati: gli algoritmi basati sull’intelligenza artificiale sono in grado di elaborare e analizzare attentamente un’enorme quantità di dati, andando a migliorare l’efficienza e l’accuratezza nel processo decisionale del knowledge worker;
- Analisi predittiva: l’intelligenza artificiale ha la capacità di prevedere gli sviluppi e le tendenze future in diversi ambiti. I knowledge worker potranno sfruttare questi dati a proprio favore, anticipando e intercettando nuove opportunità e nuove sfide;
- Supporto per le decisioni: l’IA può essere uno strumento fondamentale al quale affidarsi per prendere decisioni. Grazie ad essa si potrà avere accesso ad una conoscenza approfondita di argomenti, dati e scenari, partendo ad esempio dal supportare i decisori a porsi le giuste domande;
Tra i tanti vantaggi che gli strumenti di IA possono fornire ai knowledge worker c’è anche quello legato alla gestione dei documenti. L’organizzazione, la classificazione e l’analisi di file e documenti possono essere affidate totalmente all’intelligenza artificiale, che sarà in grado anche di estrarre automaticamente informazioni rilevanti.
Vantaggi non solo per l’operatività…
Come abbiamo visto, sfruttare l’intelligenza artificiale può risultare fondamentale nel mondo del lavoro e portare tantissimi vantaggi ai knowledge worker.
Oltre a migliorare la qualità e la quantità del lavoro, l’IA può giocare anche un ruolo importante e prezioso nella qualità della vita del lavoratore.
L’automazione di compiti monotoni e ripetitivi, considerati noiosi e spesso stressanti, consente ai lavoratori di concentrarsi su mansioni più significative e gratificanti. Gestione e organizzazione della schedule, risposta alle email di routine, piccole task secondarie: l’IA può “sostituirsi” o comunque supportare l’essere umano anche in questi casi, evitando situazioni di sovraccarico di lavoro e andando a ottimizzare il carico. In questa maniera potrebbe essere favorita anche la comunicazione tra dipendenti.
Con l’IA è molto più facile gestire in modo fruttuoso il proprio tempo: l’intelligenza artificiale suggerisce priorità, pianifica riunioni, ricorda scadenze, identifica potenziali problemi e conflitti nel calendario. Gestire al meglio il proprio tempo si traduce in una riduzione dello stress e in un aumento, in termini di quantità e di qualità, della produttività.
La già citata ricerca di Forrester evidenzia come i knowledge worker che hanno imparato ad affidarsi all’IA siano riusciti ad aumentare la propria produttività, riducendo il tasso di burnout (e, quindi, il logorio psicofisico ed emotivo). Il 51% degli intervistati, inoltre, ha sottolineato come ora si sentano decisamente soddisfatti sul posto di lavoro.
Un dipendente più felice e produttivo si concentra maggiormente sul proprio lavoro e migliora, soprattutto, il rapporto con i clienti: “employee experience” di alto livello si trasformano, automaticamente, in una maggiore fidelizzazione del lavoratore.
I CEO e le aree decisionali di un’azienda, dunque, sono avvisati: integrare strumenti di intelligenza artificiale sul posto di lavoro migliora il benessere dei dipendenti, promuovendo, così, un ambiente lavorativo più sano, produttivo e sostenibile.
Il consiglio rimane lo stesso: investire, investire, investire.
Tanti vantaggi, ma non sottovalutiamo i rischi (di ordine politico)
Sì, è vero: l’intelligenza artificiale può migliorare il mondo del lavoro e può essere uno strumento utilissimo per i knowledge worker. Offre soluzioni moderne e avanzate per l'organizzazione, l'analisi e l'accesso ai dati; sono evidenti i molteplici vantaggi legati al benessere dei dipendenti, sempre meno stressati e lontani da episodi di burnout.
Come si suol dire, però, ogni medaglia ha due facce e per ogni pro c’è un contro: integrare l’intelligenza artificiale sul posto di lavoro porta con sé una serie di sfide e di rischi da valutare. Le aziende devono sì provare a investire e a fare un passo verso la modernità ma, allo stesso tempo, devono riuscire a garantire un utilizzo sicuro, etico ed efficace di questa nuova tecnologia.
Per quanto riguarda la paura della perdita e della riduzione dei posti di lavoro, della quale abbiamo già ampiamente discusso, per le aziende sarà fondamentale implementare strategie per ridurre gli impatti negativi, ad esempio attraverso la riqualificazione dei lavoratori e la creazione di nuove opportunità di impiego.
Viene spesso nominato il timore della “perdita del tocco umano”per alcuni knowledge worker, come ad esempio chi lavora in ambito medico/sanitario o come consulente. In questi campi sostituire gli elementi umani con l’IA potrebbe essere un’impresa disastrosa. Le precauzioni qui sono d’obbligo.
Un altro grande problema dell’intelligenza artificiale è, senza dubbio, quello legato alla privacy poiché richiede una vasta quantità di dati personali per poter riuscire ad operare efficacemente. Ciò solleva molteplici e notevoli preoccupazioni riguardo alla privacy, alla possibilità di accesso non autorizzato a determinati dati o, addirittura, all'uso sconsiderato e all’abuso dei dati raccolti.
L'IA, inoltre, è progettata per apprendere dai dati che riceve ma c'è il rischio (nemmeno tanto velato) che possa incorporare pregiudizi o ingiustizie presenti in tali dati e che l’algoritmo possa perpetuarli nel tempo. Questo potrebbe portare a una discriminazione involontaria in settori quali l'impiego, la sicurezza pubblica e il sistema di giustizia, per non parlare dell’attuale censura. Non dobbiamo infatti dimenticare che ogni tecnologica non è neutrale e porta con sé un ben determinato soft power.
La questione cruciale semmai è rappresentata dall’allarmante concentrazione del potere nelle mani di una manciata di colossi tecnologici. Questi titani dell'industria non solo dispongono di una capacità finanziaria pressoché illimitata, ma godono anche di un accesso che non ha eguali a un volume di dati senza precedenti. Tale combinazione letale conferisce loro un’influenza sconfinata, che si manifesta non solo nella commercializzazione spregiudicata delle nostre informazioni personali e nella mercificazione della nostra attenzione, ma anche nella pericolosa facoltà di manipolare e censurare il pensiero collettivo. Aspettarsi che i mercati, in questo contesto di squilibrio abissale, siano in grado di autoregolarsi, è una posizione ingenua, se non del tutto irrealistica.
È palese che gli organi governativi siano profondamente consci dell'influenza esercitata dai colossi tecnologici, avendo già intrapreso iniziative efficaci per cooptare e sfruttare tale potere. Il Covid-19 ha offerto esempi emblematici in tal senso: è documentato che l'amministrazione statunitense abbia impiegato mezzi coercitivi per spingere i giganti della tecnologia e i social media a sopprimere opinioni dissonanti.
Investite nell’IA… ma fate attenzione!
L’avvento dell’intelligenza artificiale aprirà una nuova fase per le aziende e rivoluzionerà diversi settori. Di conseguenza, anche il ruolo di leader verrà contagiato da questo impattante cambiamento: ora si dovrà gestire un roster composto da un mix tra macchine e uomini. Come dividere i compiti? E, soprattutto, in che misura si deciderà di sfruttare l’IA all’interno dell’azienda?
Il tema è molto caldo e molto delicato: ci sono ancora tante sfide da affrontare e preoccupazioni da fronteggiare. È importante essere consapevoli dei rischi associati all'IA, ma sarebbe da folli negare gli evidenti vantaggi che un’intregazione di questa tecnologia nel mondo del lavoro potrebbe apportare. Soprattutto per il nostro Paese e per l’Europa, proprio ora.
Per massimizzare i benefici dell'IA è necessario adottare approcci responsabili e proattivi, garantendo la trasparenza, l'equità, la privacy dei dati e il coinvolgimento umano nelle decisioni critiche.
Ripeto ancora una volta la parola d’ordine: investire! Investire nell’IA e investire nella formazione del personale per consentirne un utilizzo sicuro ed efficace. Sarà non solo necessario imparare a conoscere gli strumenti, ma saperli anche utilizzare per aumentare le conoscenze e ampliare il proprio ruolo.
Con l’emergere dei nuovi strumenti di IA generativa, in grado di assistere e trasformare i knowledge worker, le aziende hanno cominciato ad implementarli e a diffondere nozioni su come utilizzarli in modo sicuro.
Non c’è assolutamente bisogno di attendere che questi cambiamenti vengano imposti dall’esterno: una volta compresi i rischi legati a tale tecnologia, è possibile cominciare a sperimentare strumenti già disponibili con il supporto di un’azienda di consulenza specializzata, con l’obiettivo di ridurre il carico cognitivo dovuto al costante e continuo aumento delle informazioni. Allo stesso tempo miglioreranno le abilità cognitive e l'efficacia nell'apprendimento.
Il ruolo di imprenditori e manager
La vera sfida che si profila all’orizzonte per imprenditori e manager del futuro non è semplicemente una questione tecnica o organizzativa, ma rappresenta un bivio esistenziale di portata epocale.
Da un lato troviamo l’adesione cieca ai miti dell’IA, sostenuti da una visione riduzionista e materialista che incoraggia la convinzione secondo cui una macchina possa non solo emulare, ma addirittura superare l’intelligenza umana. Questa prospettiva rischia di sminuire la complessità intrinseca della mente e della creatività umana, riducendo il potenziale decisionale e immaginativo a meri algoritmi predittivi.
Dall’altro lato vi è una sfida ben più ardua e nobile: quella di affrontare con coraggio la complessità del mondo contemporaneo, coltivando la coscienza e il libero arbitrio. Non si tratta soltanto di comprendere il presente, ma di sviluppare la capacità di prendere decisioni che siano non solo innovative ma eticamente fondate e inaspettate quando la situazione lo richiede. In questo contesto, l’imprenditore e il manager del futuro devono aspirare a essere più di semplici esecutori di decisioni automatizzate; devono piuttosto essere pensatori critici, capaci di trascendere i limiti imposti dal settore tecnologico, per diventare decisori consapevoli, in grado di navigare la complessità con una mente aperta e un’etica solida.
La vera risposta è investire e mettersi in gioco. In questo momento dobbiamo essere agili, pronti, decondizionati e leggeri, (ri)unendo tecnologia e umanesimo.
Il vero problema è essere all'altezza del compito.
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