La divulgazione storica in rete. Intervista a "Pinte di Storia"

Conosciamo da vicino la realtà della divulgazione storica in rete, facendocela raccontare da chi la svolge quotidianamente.

I progetti di divulgazione storica possono nascere nei modi più svariati. L’ispirazione per la pagina che vedremo stavolta, è nata dalle discussioni di alcuni studenti universitari nei pub. “Pinte di Storia” è un sito di divulgazione dove la serietà degli argomenti trattati viene affiancata da uno stile informale, simile a quello delle conversazioni tra amici di fronte a una buona birra. Le competenze personali dei vari componenti del team sono sfruttate per diverse attività complementari alla divulgazione vera e propria. Edoardo, Michele, Matteo e Piero sono il gruppo di amici che sta dietro la progetto; noti anche col nome collettivo “Le Pinte”, ci racconteranno ora della loro attività a 360 gradi.

Come nasce “Pinte di Storia”? Vi siete ispirati a qualche progetto già esistente?

Il nome, come ovvio, deriva direttamente da Pint of Science. L’idea di portare la scienza nei pub ci era sembrata fantastica sin dalla prima volta che partecipammo ad un loro incontro e ci portò a domandarci perché una materia come la Storia – che già dal nome fa intendere quanto si presti bene ad essere raccontata – non potesse avere un format simile, che poi sembrava fatto apposta per noi. Durante l’università, infatti, ci riunivamo regolarmente in qualche pub (siamo appassionati cultori e degustatori del biondo nettare) per parlare delle nostre ricerche e studi. Il tono decisamente troppo alto delle nostre voci faceva sì che anche gli altri avventori – volenti o nolenti – ascoltassero le nostre conversazioni, tanto che spesso è capitato che qualcuno si avvicinasse perché incuriosito e volesse saperne di più. Da qui, l’idea di Pinte di Storia.

Parlateci un po’ di voi.

Siamo un gruppo di amici tutto barese composto quasi esclusivamente da storici che hanno completato il ciclo di formazione universitario. Unica eccezione Edoardo, professionista nel campo audiovisivo che per trent’anni ha lavorato in Italia e all’estero. Michele - il fondatore e presidente dell’associazione - è dottore di ricerca in Storia contemporanea specializzato in Risorgimento, Matteo dottore in Storia Medievale specialista in studi angioini e Piero in Storia Contemporanea con specializzazione in storia della criminalità organizzata. Ognuno di noi ha un diverso percorso parallelo a quello universitario che ha fatto maturare la voglia di cimentarsi nel campo della divulgazione storica e Public History, in particolare i due “volti pubblici” di Pinte, Michele e Matteo. Il primo ha una lunga esperienza associativa e lavorativa nel settore dell’organizzazione e gestione eventi: per anni ha lavorato – e spera di ricominciare post Covid – ai Lucca Comics e molte altre fiere. Il secondo, invece, è un esperto rievocatore del Mezzogiorno medioevale, avendo partecipato a tantissimi eventi in giro per l’Italia, tra cui La Battaglia di Taranto (il più grande evento del settore del Sud Italia)

Da quanto vediamo nella vostra pagina, la vostra attività divulgativa si è sviluppata anche nell’ambito dell’organizzazione di eventi. Che cosa fate esattamente?

Il nostro scopo è sempre stato quello di far divertire ed appassionare le persone alla Storia. Avendo alle spalle una certa esperienza precedente, per noi ideare ed organizzare eventi che uniscano il rigore della ricerca storica alle più disparate occasioni di svago è un qualcosa che viene naturale. Utilizziamo vari espedienti per adeguarci al tipo di pubblico e di location: se in pub e locali usiamo la musica, le bevande e il cibo per raccontare la Storia; nelle fiere, nelle piazze o sul palcoscenico (abbiamo aperto ben due concerti metal al Live Club di Trezzo sull’Adda) creiamo tutta una serie di giochi con cui catturare l’attenzione e veicolare le nostre conoscenze, oppure mettiamo in piedi una piccola recita in cui interpretiamo vari personaggi che interagiscono col pubblico.

Sul vostro canale youtube ci è piaciuta particolarmente la playlist sugli “svarioni”; Secondo voi, in tempi di infodemia, anche in ambito storico (e culturale in generale) è necessario fare “debunking”?

Sì e no. Le bufale storiche che circolano non sono frutto della sovrabbondanza di informazioni, esistono da molto prima (pensate al “Quando c’era lui”). Ovviamente, l’enorme diffusione che hanno avuto grazie ai social rende doveroso demolirle una per una e più volte, ma non può essere questo lo scopo ultimo. Fare debunking non basta, dopo è necessario creare un’alternativa che riesca a far presa sul pubblico. Se questa manca, prima o poi le stesse bufale torneranno ciclicamente a ripresentarsi, come le tesi neoborboniche che sono esattamente le stesse pubblicate dagli esuli borbonici dal 1861 al 1870.

Nel pubblicare i vostri articoli, seguite qualche tipo di filo conduttore?

Non necessariamente. Ci sono naturalmente dei filoni, come il recente “Pinte al Museo” in cui recensiamo i musei che visitiamo sulla base dell’esperienza che offrono ai visitatori. Ma ci sono anche approfondimenti estemporanei, magari in occasione di una ricorrenza, o semplicemente su argomenti che ci appassionano e che vogliamo far conoscere a quanta più gente possibile.

In che modo vi dividete il lavoro?

Ognuno lavora principalmente lì dove ha maggiori competenze. Edoardo si occupa degli aspetti più tecnici (come la creazione di alcune grafiche per i video), Matteo gestisce la regia delle dirette, Piero della scrittura dei post per le nostre rubriche e Michele gestisce l’ambito dei social e delle relazioni con altre realtà (istituzionali e non). Poi, ovviamente, non sono campi rigidamente divisi, capita che ci si trovi a doverci scambiare di ruolo per un motivo o per l’altro, a seconda delle esigenze.

Relativamente ai social network, avete delle preferenze? Ce n’è qualcuno che ritenete più adeguato alla vostra attività divulgativa?

Ogni social è diverso ed ha suoi linguaggi. Ci siamo cimentati con quasi tutti quelli attualmente più utilizzati, ed in ognuno ci sono pregi e difetti. Di sicuro, il nostro più grande fallimento è stato Twitter, che ha delle dinamiche davvero inadatte per il tipo di comunicazione che facciamo. Per quanto il nostro lavoro consista nel semplificare il linguaggio per dar modo a quanta più gente possibile di addentrarsi nelle complesse trame della Storia senza sentirsi perso, il limite di 140 caratteri rende impossibile qualunque tipo di discorso che sia più complicato di un semplice “oggi è successo questo”.

Che tipo di pubblico vi segue? Avete svolto delle statistiche al riguardo?

Controlliamo regolarmente il tipo di pubblico che ci segue tramite gli strumenti messi a disposizione dalle piattaforme social. Nei primi anni di attività avevamo in mente un target ben preciso – quello dei giovani e giovanissimi – ma quando abbiamo iniziato ad analizzare i risultati ci siamo resi conto che ne avevamo preso un altro: quello dei nostri coetanei. La fascia di età che ci segue oscilla statisticamente da un minimo di 25 ad un massimo di 40-45 anni. Probabilmente il nostro stile comunicativo, tutto improntato sul creare un’atmosfera da “chiacchiere da pub”, è risultato maggiormente indicato per quella tipologia di pubblico. Inizialmente, poi, il pubblico era composto quasi esclusivamente da uomini, ma col tempo c’è stato un maggior equilibrio: quello maschile è ancora maggioritario, ma siamo riusciti a guadagnare anche un crescente numero di follower femminili.

Seguite altri siti di divulgazione storica? Se sì, quali?

Naturalmente. Il nostro faro è Zhistorica, che fa numeri impressionanti ed ha contenuti di ottima qualità, sia dal punto di vista comunicativo che storico. Seguiamo parecchie pagine su vari social, anche se tendiamo ad apprezzare particolarmente quelle che sono più vicine al nostro modo di raccontare la Storia, mescolando l’ironia e la qualità storica dei contenuti. Due esempi che citiamo volentieri sono La Storia Coatta, su Facebook, e l’Accademia dei Pugni, un canale Twitcht.

Quali caratteristiche ritenete siano peculiari del vostro progetto rispetto ad altri siti di divulgazione?

Lo stile tipico del pub. Nei pub si raccontano storie agli amici e si ascoltano quelle degli altri, godendo nel frattempo del piacere della compagnia, del buon cibo e dell’immancabile buona birra. Il nostro modo di raccontare la Storia è intriso di questo “background” e non potrebbe essere altrimenti: noi siamo nati nei pub, perché è un ambiente in cui ci sentiamo a casa, dietro cui c’è un modo di sentire, pensare e vivere la vita. Del resto, “ogni bella Storia inizia con una birra”.

Ringraziamo ”Le Pinte” per averci concesso l’intervista. Se volete seguirli, potete farlo sui social:

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