La prova

Le avventure del giovane ladro Olin, ambientate nel mondo fantastico di Forbos

La gente si accalcava attorno alle bancarelle, contrattando i prezzi ad alta voce. Olin li osservava con invidia; quelle persone avevano soldi da spendere in vestiti e altri beni costosi, mentre le sue tasche erano così vuote da non poter comprare neanche qualcosa da mangiare. Questo pensiero gli fece brontolare lo stomaco. Olin aveva sedici anni ed era il secondo di sei figli; la sua sfortunata famiglia viveva nel distretto della Punta, il più misero dei quartieri di Kron Urun, e suo padre cercava di sfamare tutti lavorando alla giornata. Non era la prima volta che il ragazzo saltava il pranzo, ma quel giorno resistere alla fame era più difficile del solito; un pensiero fisso da un po’ gli si era fatto strada nella testa: se non poteva comprare quello che gli serviva, perché non prenderlo e basta?

I suoi genitori non avrebbero certo approvato, ma aveva sentito storie di ladri che la facevano sempre franca e vivevano addirittura come principi; a lui in realtà sarebbe bastato avere di che mangiare ogni giorno.

Era stato questo pensiero a condurlo al mercato.

Ancora una volta il ragazzo sentì lo stomaco reclamare, stavolta a causa delle invitanti primizie esposte sulle bancarelle di ortolani e fruttivendoli. Una di queste esibiva ceste di mele succulente che quasi lo ipnotizzarono; esitando sul da farsi, rimase a contemplare i frutti finché un acquirente si avvicinò alle ceste, chiedendo informazioni al venditore. Si disse che quella era l’occasione giusta, e prese posizione alle spalle dell’uomo; lentamente fece passare la mano dentro una delle ceste, prendendo una mela. Mentre la ritraeva però l’uomo si spostò, urtandolo. Senza scomporsi Olin si scusò e fece per andarsene, ma al mercante la scena non era sfuggita: “Ehi tu, razza di furfante! Ridammi subito la mia mela!”

Se la diede a gambe, spingendo e urtando la folla per farsi largo. Le urla del mercante richiamarono l’attenzione della gente, e un uomo grande e grosso, dalla pancia prominente, gli si piantò davanti cercando di fermarlo. Olin finse di volerlo schivare sulla destra, scartando poi bruscamente a sinistra. L’uomo, colto impreparato, si sbilanciò e cadde su una bancarella rovesciando diverse ceste di ortaggi.

Approfittando del caos cercò di lasciare la zona del mercato, ma la massa di persone che spingeva in direzione opposta era quasi impenetrabile. Vide che stava arrivando una pattuglia di guardie, richiamata dalle urla del mercante: “Al ladro! Al ladro!”. Decise quindi di cambiare strada, addentrandosi in una stretta corsia sul retro delle bancarelle; percorrendola giunse a uno spiazzo dove c'erano alcuni carrozzoni, di quelli utilizzati dai mercanti forestieri sia per trasportare le merci che come dimore nei loro interminabili viaggi. Uno di questi aveva la porta semiaperta e Olin, senza pensarci troppo, vi si introdusse.

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La cabina aveva alcune comodità: vi erano dei giacigli in un angolo e una sorta di caminetto utilizzabile anche per cuocere vivande. Una tenda in panno grezzo la divideva in due ambienti. Scostandola, il ragazzo notò un grosso catino da bagno pieno d’acqua calda. Improvvisamente, un rumore di passi all’esterno e il cigolio della porta che si apriva lo misero in allerta; col cuore che batteva all’impazzata corse a nascondersi dietro la tenda.

Qualcuno entrò nel carrozzone; si udì una voce femminile canticchiare, un frusciare di tessuti e infine i rumore di passi sul cigolante pavimento di legno, proprio in direzione del nascondiglio di Olin. La tenda si scostò e si trovò faccia a faccia con una ragazzina, completamente nuda. Nel vederlo lei restò paralizzata per lo spavento, e avrebbe cacciato un urlo se lui non fosse stato svelto a bloccarla, tappandole la bocca: “Per favore, non urlare! Non volevo spaventarti, ma delle persone cattive mi inseguono per prendermi a bastonate. Per questo mi sono nascosto qui!”

Parlò tutto d’un fiato, tirando fuori la prima scusa che gli era venuta in mente, mentre la ragazza cercava di divincolarsi dalla sua presa. E aggiunse: “Ti prego, aiutami a nascondermi qui, fino a che non se ne vanno. Poi ti prometto che me ne andrò senza rubare nulla!”

Dopo aver detto l'ultima frase, Olin si maledisse. Aveva finito per rivelare da solo di essere un ladro... tuttavia la ragazza sembrò calmarsi.

“Se mi prometti di non urlare, ti tolgo la mano dalla bocca. Posso fidarmi?” Lei fece cenno di sì.

Per un lungo e interminabile istante si guardarono negli occhi, poi lei disse “Sei un ladro, vero? Cosa volevi rubare? O forse eri venuto qui per spiarmi mentre facevo il bagno?”

Non riuscì a trattenersi dal guardarla, ammirandone i seni ancora non del tutto sviluppati, e la ragazza corse a coprirsi con la tenda: “Razza di sporcaccione, piantala subito di guardarmi!”

Il ragazzo arrossì e balbetto: “Scusami, vedi il fatto è che non sono veramente un ladro, e nemmeno ero venuto qui a spiarti. Non avevo mai rubato nulla prima d’ora, ma è da stamattina che non ho mangiato niente. Non sapevo cosa fare e ho preso una mela da una bancarella… è stato più forte di me! Per questo mi inseguivano.”

Dicendo così, trasse di tasca la mela.

La ragazza la guardò e si mise a ridere. Poi strappò la tenda e se la avvolse al corpo come un mantello.

“Questa è la scusa più assurda che io abbia mai sentito! E pretendi che io ci creda?”

“Ma è la verità!”

“Stammi a sentire, signor nonsocometichiami, è meglio che ti levi dai piedi, prima che mi metta ad urlare!”

“Va bene, stai calma, me ne vado subito. ”

“Aspetta, esci da qua.” la ragazza gli mostrò una botola sul pavimento della cabina: “Se veramente ti stanno cercando, uscendo da qui passerai inosservato.”

Olin fu sorpreso dall’inaspettato aiuto: “Grazie..” balbettò “Grazie davvero. Non so come sdebitarmi. Io...ecco io mi chiamo Olin. Spero di poterti ricambiare questo favore un giorno!”

“Non ce ne sarà il bisogno, Olin. Ora va”

“Aspetta...solo una cosa. Posso sapere il tuo nome?”

“Il mio nome...e a cosa ti serve saperlo? Comunque mi chiamo Nira. Vai adesso, e buona fortuna!”

“Grazie ancora Nira, ti prometto che un giorno mi sdebiterò per questo”

Aprì la botola e uscì dal fondo del carro.

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Nel mercato vi era ancora trambusto, le guardie lo stavano cercando ma non avevano idea di dove fosse. Gattonando sotto i carrozzoni, Olin raggiunse un’altra corsia del brulicante mercato, nella quale si introdusse senza destare sospetto. Una volta in mezzo alla folla, si lasciò trasportare dal flusso di gente, per poi dileguarsi in un passaggio tra due banchi di spezie, uscendo infine dal mercato.

Il ragazzo si guardò attorno, fortunatamente la strada era libera e potè incamminarsi verso uno dei varchi d’uscita dal distretto mercantile; solo una volta fuori da lì poteva dirsi al sicuro. Nei pressi del portale però intravvide una pattuglia venire nella sua direzione. Affrettò il passo, per raggiungere l’ingresso di uno strano e alto edificio, dove aveva visto entrare e uscire diversa gente. Le guardie intanto si erano messe a correre, e Olin entrò nell’edificio senza esitare oltre.

Si trovò nel salone di una locanda piena di gente, dove nessuno gli prestò attenzione. L’ostessa era intenta a chiacchierare con alcuni avventori, mentre due cameriere portavano ai tavoli dei boccali di birra. In fondo alla sala, una stretta scalinata conduceva ai piani superiori; Olin la salì rapidamente fino a primo piano. Qui si fermò, mettendosi in ascolto: le guardie entrarono nella taverna e il vociare degli avventori cessò in un attimo. Il cuore gli batteva all’impazzata mentre ascoltava le guardie dare la sua descrizione e chiedere dove fosse andato; l’avevano visto entrare, pertanto non se ne sarebbero andate senza prima aver cercato dappertutto. Non sapendo che fare, continuò a salire le scale arrivando all’ultimo piano: “Eccomi in trappola!” si disse.

Alla fine della scalinata vi era un pianerottolo con due porte in legno massiccio; provò ad aprire la prima, trovandola chiusa. Se lo aspettava... ma incredibilmente la seconda era aperta!

Nella stanza, decisamente lussuosa, non c’era nessuno e dalle finestre a volta si aveva una stupenda visuale sulla Piazza del Mercato. Purtroppo non c’era tempo per mettersi a guardare il paesaggio, perché sulle scale risuonarono pesanti i passi dei suoi inseguitori. Preso dal panico, aprì una delle finestre e cercò di utilizzare la travatura a vista dell’edificio per spostarsi sulla parete esterna. Era fortunato ad avere i piedi abbastanza piccoli, e fece presa sulle travi riuscendo a passare sotto al davanzale della finestra. Aggrappatosi con tutte le sue forze, in posizione quantomai precaria, si appiattì alla parete per nascondersi. Udì qualcuno affacciarsi e dire “Ma qua non c’è! Dove diamine è finito!”

Le guardie non riuscivano a vederlo, nascosto com’era dal davanzale sporgente. Li sentì rovistare la camera per cercare altri eventuali nascondigli. Olin guardò in basso, e fu colto dalle vertigini: si trovava a un’altezza spaventosa, e sarebbe certamente morto se fosse caduto. Cercò di non pensarci, ma ormai il terrore lo attanagliava e ne impediva i movimenti. Le ginocchia gli tremavano, mentre le dita delle mani erano divenute insensibili. Con la forza della disperazione riuscì a resistere per un po' , poi perse la presa e cadde nel vuoto.

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Precipitò per alcuni interminabili secondi, ma invece di sfracellarsi per terra cadde in un carro carico di fieno che, proprio in quell'istante, passava lì sotto. Incredulo della propria buona sorte e sopraffatto dallo spavento, Olin fu incapace di muoversi per alcuni minuti. Quando si riebbe, il carro lo aveva portato fuori dal distretto mercantile e stava percorrendo una larga strada acciottolata. Doveva trovarsi nel distretto del Braccio Occidentale, e quella strada a breve lo avrebbe condotto nella Piazza dei Fabbri; decise che era meglio evitare gli spazi aperti e, dato che non c’era nessuno nei paraggi, saltò giù dal carro.

Corse per strada, alla ricerca di un posto sicuro dove rifugiarsi e gli parve di trovarlo nell’imbocco di uno stretto vicolo. Kron Urun era piena di viuzze come quella, strette e buie anche in pieno giorno, perché gli edifici in certi punti erano tanto alti da tenerle sempre in ombra. I vicoli formavano una sorta di labirinto nel quale ci si poteva perdere o fare brutti incontri, e ogni cittadino saggio si manteneva sulla strada principale; Olin però, dopo le esperienze di quella giornata, sentiva di essere più al sicuro nel buio di quei posti malfamati che alla luce del sole. In fin dei conti aveva commesso il suo primo furto, e per gente come lui quel dedalo di vie non significava pericolo, bensì salvezza.

Con questi pensieri si addentrò sempre più nel vicolo, finché non giunse nei pressi di un incrocio. I nomi delle vie in quei posti non erano mai indicati, ma per lui una direzione valeva l’altra: trasse di tasca la mela che aveva rubato e si mise a giocherellarci, pregustando il momento in cui l’avrebbe mangiata. Decise quindi di imboccare il vicolo di destra; fatti pochi passi, qualcosa lo fece inciampare e cadde lungo disteso, mentre la sua mela rotolava lontano. Quando si rialzò, si accorse di non essere da solo.

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L’uomo che gli aveva fatto lo sgambetto era stato lesto nel raccogliere il frutto, e ora stava guardando la sua vittima sorridendo divertito. Poi dette un rumoroso morso alla mela, facendolo infuriare: “Maledetto, ridammi subito la MIA mela!”

“Strano, oggi è la seconda volta che sento questa frase. La prima volta la disse un mercante a cui un ragazzo aveva rubato una mela. Ma tu non ne sai nulla, vero?”

Olin riconobbe l’uomo che aveva di fronte: era l’acquirente dietro a cui si era nascosto per commettere il furto. Adesso che lo guardava con più attenzione, si accorse che era un giovane con pochi anni più di lui Ma cosa ci faceva li? La cosa lo fece ammutolire…

“Devo ammettere che la tua tecnica era molto primitiva, in compenso la fuga è stata quasi epica. Sono morto di risate quando hai fatto cadere quel ciccione! Di la verità, era la prima volta eh?”

Rimase a fissarlo senza dire una parola. Non sapeva chi aveva di fronte e temeva di fare delle ammissioni che lo avrebbero potuto rovinare per sempre. Alla fine gli venne un’idea e disse:

“Mio signore, dovete scusarmi se prima vi ho gridato contro. Adesso capisco per quale motivo mi avete fatto cadere: senz’altro mi confondete con qualcuno che avete visto rubare una mela a un povero mercante e volevate recuperagliela. Ma non sono io quello che state cercando. Vi sembro forse un ladro? Suvvia, ridatemi la mela e chiudiamo questo incidente.”

Il giovane lo guardò stupefatto, poi scoppiò a ridere.

“Va bene, va bene! Solo per la fuga saresti già stato un buon candidato, ma con questa risposta hai superato la prova senza alcun dubbio!”

Dette un altro morso alla mela, poi aggiunse: “Presto ci rivedremo ragazzo, sarò io a farmi vivo. Per intanto, buona fortuna!”

Lanciò la mela nel vicolo alle spalle del ragazzo, il quale si lanciò immediatamente all’inseguimento del frutto. La mela rimbalzò sull’acciottolato, rotolò e infine cadde nell’imboccatura di un condotto fognario. Olin si accasciò per terra, disperato; nel frattempo il misterioso personaggio era sparito.