Come ogni attività umana, anche il mondo della tecnologia digitale ha infine trovato una sua “dimensione” fiscale.
Dopo un primo, timido approccio alla materia ad opera dell’Agenzia delle Entrate, relegato all’ambito delle cripto-valute e dai contenuti piuttosto controversi[1], il Legislatore è da ultimo intervenuto in maniera strutturale sul comparto delle cripto-attività con la Legge di Bilancio 2023 (art. 1, commi 126 e ss., Legge 29 dicembre 2022, n. 197).
Innanzitutto, occorre precisare che la neo-introdotta disciplina tributaria riguarda le più varie forme di prodotti digitali (cripto-valute, coin, Nft, token, smart contract, ecc…)[2], in quanto, per espressa definizione legislativa, per “cripto-attività” deve intendersi qualsiasi “rappresentazione digitale di valore o di diritti che possono essere trasferiti e memorizzati elettronicamente, utilizzando la tecnologia di registro distribuito o una tecnologia analoga”.
Sono considerati redditi imponibili quelli realizzati non solo mediante la cessione a titolo oneroso delle suddette cripto-attività (cioè, dallo scambio di una cripto-attività con una moneta legale), ma anche tramite il rimborso, la permuta e finanche la detenzione (quando produttiva di utilità economica, come per esempio accade con l’attività di staking, air dropping, front running, o con la partecipazione alle Dao e alle Ispo[3]; è invece esclusa la rilevanza del “giroconto” tra un wallet e l’altro dello stesso titolare[4]).
Con specifico riguardo alle permute, è stabilita l’irrilevanza fiscale di quelle aventi per oggetto “cripto-attività aventi eguali caratteristiche e funzioni”. Al contrario, sono rilevanti le permute tra cripto-attività di diversa natura (es., lo scambio tra una cripto-valuta e un Nft) e tra cripto-attività della stessa natura ma con diversa funzione (es., lo scambio tra un currency token e un utility token).
Vale la pena precisare che sono idonee a generare “redditi diversi” anche le cripto-attività acquistate per donazione o per successione, nonché le cripto-attività immesse in portafogli assoggettati al regime del c.d. “risparmio amministrato” o del c.d. “risparmio gestito” (artt. 6 e 7, D.Lgs. n. 461/1997).
Alla luce della Legge di bilancio 2023, il contribuente titolare di cripto-attività è tenuto:
- a) in ogni caso, a indicare nel Quadro RW della dichiarazione dei redditi il valore delle cripto-attività possedute nel periodo d’imposta. Con una certa forzatura, infatti, i prodotti digitali sono equiparati alle attività finanziarie detenute all’estero[5];
- b) versare l’imposta sul valore delle cripto-attività pari allo 0,2% delle cripto-attività detenute, anche per mezzo di un intermediario estero, oppure archiviate su chiavette USB, PC o smartphone (art. 1, commi 144, 145 e 146, Legge di Bilancio 2022)[6];
- c) a dichiarare l’ammontare della plusvalenza (ossia, la differenza tra il corrispettivo percepito dalla cessione, o il “valore normale” della cripto-attività in caso di permuta, e il costo di acquisto della cripto-attività), o comunque del provento derivante dall’utilizzo della cripto-attività, e versare l’imposta sostitutiva del 26%, se l’importo della plusvalenza o del provento eccede la franchigia di Euro 2.000,00.Nel caso in cui le operazioni sulle cripto-attività abbiano generato in alcuni casi plusvalenze (risultati positivi) e in altri casi minusvalenze (risultati negativi), la valutazione del superamento della predetta soglia deve compiersi sommando algebricamente i differenziali positivi e negativi. Qualora le minusvalenze realizzate in un periodo d’imposta eccedano le plusvalenze, l’eccedenza può essere “riportata a nuovo” e dedotta dalle plusvalenze realizzate nei successivi periodi, ma non oltre il quarto.
Fin qui la parte “in chiaro” della normativa appena introdotta. Vi sono però un paio di aspetti da considerare molto attentamente e che, prevedibilmente, genereranno contenzioso negli anni a venire.
Da un lato, sebbene la norma impositiva relativa alle plusvalenze e ai proventi cryptosia in vigore soltanto dal 1° gennaio 2023, è tuttavia stabilito che debbano considerarsi “redditi diversi” anche le plusvalenze realizzate prima di tale data (art. 1, comma 127, Legge di Bilancio 2023)[7]. Ciò significa che gli uffici finanziari potrebbero risalire alle plusvalenze derivanti da operazioni effettuate sin dal 2017 (tenendo conto del termine di decadenza previsto dall’art. 43, D.P.R. n. 600/1973).
Dall’altro lato, nonostante l’obbligo di denuncia nel Quadro RW della dichiarazione dei redditi decorra sempre dal 1° gennaio 2023, il contribuente è “invitato” a far emergere le cripto-attività “detenute entro la data del 31 dicembre 2021”, versando una sanzione pari allo 0,5% del valore non dichiarato in ciascun anno (nonché, ove siano stati realizzati redditi, un’imposta sostitutiva pari al 3,5% del valore delle cripto-attività detenute al termine di ciascun anno). Vi è da credere che, in mancanza di regolarizzazione, gli uffici finanziari provvederanno ad irrogare la sanzione intera dal 3% al 15% delle cripto-attività non denunciate (ex art. 5, comma 2, D.L. n. 167/1990), oltre a riprendere a tassazione la plusvalenza con applicazione dell’aliquota marginale IRPEF.
In sostanza, il Legislatore tassa e “punisce” il contribuente anche per fatti avvenuti quando nessuna norma fiscale contemplava le cripto-attività!
Non solo: un ulteriore rischio che incombe in capo al contribuente che intenda aderire all’“emersione” delle cripto-attività è quello di una auto-denuncia ai fini penali. Infatti, “Ferma restando la dimostrazione della liceità della provenienza delle somme investite, la regolarizzazione produce effetti esclusivamente in riferimento ai redditi.. e alla non applicazione delle sanzioni di cui all’articolo 5, comma 2, del decreto legge 28 giugno 1990, n. 167…” (art. 1, comma 142, Legge di Bilancio 2023). Questa disposizione appare piuttosto insensata, in quanto anziché invogliare il contribuente a “mettersi in regola” riparandolo da rischi ben più gravi, induce coloro che si erano macchiati di illeciti ben più gravi “a monte” (es. riciclaggio e auto-riciclaggio di denaro[8]) a desistere dalla “sanatoria” e a permanere nell’illegalità. Insomma, se il fine perseguito era l’emersione di una ricchezza finora “sconosciuta”, i mezzi prescelti non appaiono i più adeguati all’uopo…
A completamento della disciplina “transitoria” tra il vecchio regime di irrilevanza (o quasi…) fiscale e il nuovo regime di imponibilità è prevista la possibilità di “rivalutare” le criptoattività possedute alla data del 1° gennaio 2023, assumendo – in luogo del costo/valore di acquisto – il valore di mercato a tale data, a condizione del pagamento di un’imposta sostitutiva pari al 14% del plusvalore “affrancato” (art. 1, commi 133-136, Legge di Bilancio 2023).
Il vantaggio derivante da tale facoltà è quello di garantire ai possessori che, a partire dal 1° gennaio 2023, effettuino operazioni su criptoattività possedute in precedenza, di realizzare plusvalenze (dunque, redditi) di minor importo (difatti, si interviene in aumento sul sottraendo, riducendo il differenziale imponibile). In altre parole, si tratta di un interessante incentivo per chi prevede sostanziose speculazioni sui prodotti già presenti nel proprio wallet.
In definitiva, con una “seccatura” in più per chi era solito arrotondare esentasse il proprio portafoglio e qualche perplessità di troppo generata dalla disciplina nuova di zecca, ecco affacciarsi il Fisco come nuovo “compagno di viaggio” per gli amici cibernetici!
[1] Cfr. Risoluzione n. 72/E del 2 settembre 2016; Risposta ad interpello n. 788 del 24 novembre 2021; D.R.E. Lombardia, risposta ad interpello n. 956-39/2018; D.R.E. Liguria, risposta ad interpello n. 903-47/2018.
L’aspetto controverso a cui si fa riferimento è dato dall’assimilazione (sostenuta dall’Agenzia delle Entrate) delle cripto-valute alle valute fiat estere. Le conseguenze sul piano pratico di tale assimilazione consistevano: 1) nella necessità di indicare le cripto-valute possedute nel c.d. “Quadro RW” della dichiarazione dei redditi, come se si trattasse di attività finanziarie detenute all’estero; 2) nella rilevanza, ai fini delle imposte sui redditi (IRPEF o IRES), dei proventi realizzati mediante le cripto-valute, qualora la giacenza media nel wallet superasse la soglia di Euro 51.645,39 per almeno sette giorni lavorativi consecutivi nel corso del periodo d’imposta.
[2] Cfr. D. Deotto, Tassazione delle cripto valute solo se convertite a corso legale, Sole24Ore 5 dicembre 2022; I. La Candia - E. Catinari, La Legge di Bilancio 2023 “disegna” la disciplina fiscale delle cripto attività, NT+Diritto/Sole24Ore 22 dicembre 2022.
[3] Cfr. M. Finiguerra, Cripto-attività, la nuova disciplina fiscale nella legge di bilancio 2023, in www.money.it.
[4] Cfr. L. Aquaro - F. De Vincentiis, Sembra tempo di certezze sulla tassazione delle operazioni in valuta virtuale, in Diritto e Pratica Tributaria n. 5/2022, pag. 1710.
[5] Non mancano critiche da chi prende in esame l’ipotesi in cui sia lo stesso titolare a detenere personamente il wallet o la chiave privata mediante supporti fisici (hardware) ubicati in Italia: cfr. L. Aquaro - F. De Vincentiis, cit., pag. 1713; D. Deotto, L’obbligo di RW fa i conti con la sanatoria, Sole24Ore 5 dicembre 2022.
[6] Si precisa che per le cripto-attività detenute fino al 31 dicembre 2022, è prevista come dovuta (in via retroattiva) l’imposta di bollo con pari aliquota 0,2%; dal 1° gennaio 2023, invece, è dovuta l’imposta sul valore delle cripto-attività. Cfr. S. Sanna, Imposta patrimoniale sulle cripto-attività detenute da soggetti residenti, Eutekne.info, 23 gennaio 2023.
[7] Cfr. D. Deotto, Criptovalute, Manovra e nodo retroattività, Sole24Ore 16 gennaio 2023.
[8] Cfr. Cass. Pen., Sez. II, 25 gennaio 2022, n. 2868 e 13 luglio 2022, n. 27023.
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