Dall’Italia all’EHDS: come il Fascicolo Sanitario Elettronico può diventare un modello europeo.

Autonomia regionale, dati federati e governance della fiducia: i nodi aperti verso lo Spazio Europeo dei Dati Sanitari.


L'Italia occupa una posizione unica in Europa perché è l'unico paese ad avere un sistema sanitario pubblico e universale fondato sull’autonomia delle Regioni. Sebbene questa decentralizzazione sia frequentemente criticata, poiché genera disparità tra le regioni e ostacola l’adozione di pratiche uniformi ed efficienti, l’esperienza della pandemia di COVID-19 ha svelato forze latenti in questo modello che, se ben sfruttate, potrebbero trasformarsi in un vantaggio competitivo nello Spazio Europeo dei Dati Sanitari (EHDS).

L’EHDS, formalizzato come Regolamento (UE) 2025/327 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea il 5 marzo 2025, mira a ridefinire la gestione, lo scambio e l’utilizzo secondario dei dati sanitari elettronici tra gli Stati membri, rivoluzionando le interazioni tra pazienti, operatori sanitari, aziende farmaceutiche e istituti di ricerca entro il prossimo quadriennio [1]. Con oltre 500 milioni di cartelle cliniche dei cittadini europei da integrare, l’Unione ha molto da apprendere dal sistema universalistico italiano, già organizzato in modalità federata per la gestione dei dati dei 60 milioni di cittadini italiani.

In Italia esiste infatti il progetto nazionale del Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE). Istituito con legge nell'ottobre 2012, il FSE può raccogliere documenti digitali sanitari e sociosanitari prodotti da eventi clinici per ogni paziente, anche se adesso è per lo più limitato ai dati amministrativi, e viene aggiornato in tempo reale da strutture e professionisti abilitati su tutto il territorio.

Sebbene ogni regione adotti il FSE con proprie infrastrutture tecnologiche, tali sistemi interagiscono tramite l’Infrastruttura Nazionale per l’Interoperabilità del FSE (INI-FSE), garantendo l’accesso ai dati a livello nazionale nel rispetto di rigorosi standard di sicurezza e privacy.

A inizio 2025 il governo ha annunciato che l’Ecosistema Dati Sanitari (EDS) —una piattaforma più ampia destinata a estrarre informazioni direttamente dal FSE e a supportare servizi che vanno dalla prevenzione al controllo internazionale delle malattie— dovrà diventare pienamente operativo entro il 2026 [2]. Una volta consolidata l’infrastruttura del FSE, l’Italia disporrà di un dataset federato e unificato che copre l’intera popolazione nazionale — una risorsa inestimabile per l’EHDS.

Allineando il completamento del FSE —con la sua struttura federata e interoperabile— al lancio dell’EHDS, l’Italia sarà in grado di contribuire immediatamente a MyHealth@EU, il pilastro dell’EHDS per l’accesso transfrontaliero dei pazienti a sommari clinici ed e-prescrizioni. Il regolamento EHDS stabilisce che entro il 26 marzo 2029 gli Stati membri devono garantire le funzionalità transfrontaliere, inclusi il sommario della storia medica, le ricette e le dispensazioni elettroniche. Ciò consentirà, per esempio, a un cittadino italiano che necessiti di cure urgenti all’estero di far consultare ai medici esteri i suoi dati clinici essenziali —ovviamente con il consenso esplicito del paziente. Inoltre, le prescrizioni farmaceutiche italiane potranno essere riconosciute e dispensate in altri Paesi UE senza ritardi procedurali, a patto che siano in vigore i necessari quadri tecnici e normativi.

Un elemento ancora più ambizioso dell’EHDS è l’iniziativa HealthData@EU, ovvero la piattaforma per l’uso secondario, che promette un vasto repository di dati sanitari anonimizzati o pseudonimizzati accessibile per la ricerca.

A differenza di MyHealth@EU, dove il cittadino mantiene il controllo su chi può visualizzare i suoi dati, HealthData@EU adotterà un principio di “opt-out” di default: a partire dal 2026, tutti i dati elettronici presenti negli EHR nazionali, incluso il FSE italiano, saranno trasferiti automaticamente —salvo esplicito rifiuto del cittadino— a un repository pubblico dei dati sanitari istituito da ciascuno Stato membro. Questi dati saranno anonimizzati “nella massima misura tecnicamente possibile” e, laddove non sia fattibile una completa anonimizzazione, almeno pseudonimizzati prima dell’archiviazione. I ricercatori potranno richiedere l’accesso a sezioni specifiche dei dati presentando protocolli di ricerca dettagliati che definiscano chiaramente gli scopi, in modo da impedire qualsiasi utilizzo discriminatorio delle informazioni sensibili.

Puntando su rigorose garanzie di privacy —in linea con il Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (GDPR)— l’EHDS intende bilanciare i diritti individuali con il bene pubblico collettivo. In questo quadro, i progetti di ricerca devono ottenere l’approvazione dagli Health Data Access Bodies nazionali, che valuteranno il merito scientifico, le implicazioni etiche e i principi di minimizzazione dei dati. Gli studi su popolazioni vulnerabili o su temi sensibili saranno sottoposti a un esame ancora più rigoroso. Questo modello di governance è stato progettato per prevenire pratiche incontrollate e potenzialmente discriminatorie da parte di istituzioni pubbliche e private.

L’Europa potrà competere sul piano globale: mentre altri blocchi geopolitici, in particolare la Cina, aggregano grandi volumi di dati sanitari con minori vincoli sui diritti civili e il sistema americano resta fortemente frammentato, l’approccio dell’UE privilegia valori democratici e autonomia individuale. Sebbene ciò renda più complesse alcune procedure di ricerca, esse non vengono bloccate del tutto e, quando un progetto è ritenuto valido, l’UE è in grado di mettere a disposizione dei ricercatori una grande mole di dati.

Le sfide restano numerose. Innanzitutto, è essenziale promuovere la fiducia e la consapevolezza dei cittadini riguardo ai nuovi flussi di dati. I sondaggi condotti durante il processo legislativo dell’EHDS hanno evidenziato un sostegno generale alla ricerca in sanità, ma anche una forte riluttanza verso lo scambio transfrontaliero di dati e la collaborazione con enti commerciali. Se il timore del pubblico dovesse persistere, i tassi di adesione al FSE potrebbero rallentare, indebolendo la completezza e la rappresentatività dei dataset di HealthData@EU. In secondo luogo, gli Stati membri devono armonizzare architetture tecniche, standard di dati e schemi di codifica differenti; pur essendo interoperabili attraverso INI-FSE, le piattaforme regionali italiane variano per software, formati e pratiche di governance. Infine, le basi giuridiche per l’accesso ai dati richiederanno continui affinamenti: se da un lato i diritti di uso primario ai sensi dell’EHDS sono relativamente semplici —dato che il cittadino decide quanta parte dei propri dati condividere con i medici curanti— le ambiguità sui regimi di uso secondario potrebbero dare adito a contenziosi o rallentamenti amministrativi.

L'Italia è quindi in una posizione invidiabile sebbene è il caso di mettere in luce opportunità e criticità nell’integrare il FSE italiano nel quadro dell’EHDS, individuando in anticipo potenziali ostacoli in termini di governance, qualità dei dati e allocazione delle risorse.

Ormai è raro che in Italia si sostenga di avere “il miglior sistema sanitario del mondo”, ma la consapevolezza dei suoi punti di forza, come la copertura universale, l'implementazione anticipata della registrazione completa dei dati, sebbene per ora si parli solo di dati amministrativi, e l’architettura federata la distinguono tra i Paesi europei. In questo senso, l’esperienza italiana è quantomeno un caso di studio istruttivo su come autonomia e interoperabilità possano coesistere per offrire servizi digitali sanitari incentrati sul cittadino.

Oltre agli aspetti infrastrutturali e normativi, permane un imperativo più profondo: convincere i cittadini europei, italiani compresi, che condividere i propri dati sanitari è sicuro e fondamentale per il bene collettivo. L’analisi dei dati con le tecniche basate su sistemi svolgerà un ruolo cruciale in tale processo.

Il Premio Nobel per la Chimica 2024, assegnato congiuntamente a Demis Hassabis e John Jumper per il modello AlphaFold2 nella predizione delle strutture proteiche, è un esempio lampante del potenziale trasformatore dell’AI. Lanciato nel 2020 da Google DeepMind, AlphaFold2 ha previsto rapidamente le conformazioni tridimensionali di quasi 200 milioni di proteine note ai ricercatori, un’impresa che aveva resistito a oltre mezzo secolo di tentativi [3] [4] [5]. Da allora, più di due milioni di utenti in 190 Paesi hanno fruito delle sue predizioni, accelerando la scoperta di farmaci in tutto il mondo. L’ipotesi di vincere le malattie legate alle proteine —possibilmente entro il prossimo decennio, come ha suggerito Hassabis— evidenzia perché la condivisione transfrontaliera dei dati sanitari non sia un mero esercizio accademico, ma una via importante per innovazioni che salvino vite.

Alla fine, proprio perché i cittadini devono essere persuasi a fornire qualcosa di così intimo come i dati della propria situazione sanitaria, l’Europa non può lasciare ombre su come questi dati potranno e dovranno essere utilizzati. Non bastano gli impegni su sicurezza e privacy. Chi utilizzerà la vasta mole di dati raccolti nella piattaforma di uso secondario dovrà contribuire, senza infingimenti, al bene comune. E ciò significa combinare Open Source, Open Data e Open Science per dar vita a una vera e utile Open Health.


Note

[1] "Frequently Asked Questions on the European Health Data Space" European Union (marzo 2025; accesso 6 giugno 2025)

[2] "Life Sciences News in Italy: March 2025" Lexology (marzo 2025; accesso 6 giugno 2025)

[3] "The Nobel Prize in Chemistry 2024" Nobel Prize Committee (9 ottobre 2024; accesso 6 giugno 2025)

[4] "John Jumper – Facts – 2024" Nobel Prize Committee (accesso 6 giugno 2025)

[5] "Google DeepMind CEO wins joint Nobel Prize in chemistry for work on AlphaFold" Beatrice Nolan (9 ottobre 2024; accesso 6 giugno 2025)