Il colossale flusso di informazioni che ci avvolge quotidianamente necessita di un'attività di controllo altrettanto enorme, per individuare ed escludere le notizie false. In un precedente articolo avevo parlato nello specifico delle fake news e dei motivi che possono star dietro alla loro diffusione. Se nelle redazioni dei quotidiani, agenzie di stampa e televisioni nazionali si verifica l'affidabilità delle fonti prima di diffondere le notizie, altrettanto non avviene nella rete, per sua natura molto meno controllabile. Ne consegue che una notizia falsa può farsi strada, per esempio attraverso i social. Di vitale importanza nell'individuare, smascherare e controbattere alle bufale è l'attività dei cosiddetti debunker. Per quanto possa sembrare una cosa recente, enti e associazioni dedite allo smascheramento di notizie false esistono già da tempo. Ad esempio, in Italia si può citare l'attività svolta dal CICAP a partire dal 1989. Questa associazione è intervenuta diverse volte per smentire fenomeni paranormali, leggende metropolitane, manifestazioni extraterrestri e altro. Attualmente è molto attiva nei confronti delle pseudoscienze.
Proprio queste ultime pongono la sfida più impegnativa all'informazione, come abbiamo avuto modo di vedere anche in tempi recenti, col movimento No Vax e i negazionisti del coronavirus. I sostenitori delle teorie pseudoscientifiche possono infatti formare gruppi ben organizzati, rappresentati politicamente da parlamentari che semplicemente simpatizzano con le loro cause; questi ultimi formano un gruppo trasversale, essendo presenti all'interno di un po' in tutti i partiti. Nei confronti delle pseudoscienze, l'attività di debunking è stata spesso svolta da figure del mondo scientifico, con alterni risultati. Vi è infatti un grosso ostacolo che si contrappone a chi vuole smascherare le notizie false, costituito dal cosidetto analfabetismo funzionale.
Secondo la definizione dell'UNESCO, l'analfabetismo funzionale è "la condizione di una persona incapace di comprendere, valutare, usare e farsi coinvolgere da testi scritti per intervenire attivamente nella società, per raggiungere i propri obiettivi e per sviluppare le proprie conoscenze e potenzialità". La definizione risale al 1984 e, pur prevedendo differenti criteri per valutare questa condizione, sembra intendere la mancanza di un "qualcosa di più" della semplice scolarizzazione; per farla breve, l'analfabeta funzionale è una persona in grado di leggere un testo, senza però riuscire a capirlo e, per estensione, chiunque si ritrovi nell'incapacità di comprendere e utilizzare le informazioni che quotidianamente riceve. Non parliamo di un gruppo di emarginati, bensì di persone perfettamente integrate nella società, dotate perfino di titolo di studio. L'analfabetismo funzionale nella realtà quotidiana si traduce nell'avere una conoscienza del mondo limitata al vissuto personale del soggetto, con la tendenza alla generalizzazione e al pregiudizio. Altra caratteristica di questa condizione è la mancanza di senso critico, che non permette di distinguere una notizia vera da una falsa. A voler essere onesti, va detto che queste caratteristiche le mostriamo un po' tutti, chi più e chi meno; in effetti, in determinate situazioni, chiunque può essere un analfabeta funzionale.
A mio parere, in una società estremamente settoriale come la nostra, dove determinate conoscienze sono peculiari di precise categorie professionali, è facile incontrare difficoltà quando ci si deve rapportare con ambiti di cui non si conosce nulla; acronimi, anglicismi, paroloni desueti che vengono utilizzati, per esempio, da informatici, esperti di finanza e avvocati, sono quasi una lingua straniera per chi svolge tutt'altra professione. In questo senso ci ritroviamo a non poter comprendere quanto viene detto o scritto dagli altri, mentre questi ultimi potrebbero avere la medesima difficoltà nel capire noi. Se pensiamo a quanta gente ancora si spaventa all'idea di dover aver a che fare con un computer, abbiamo chiaro il concetto. Lo stesso vale per chi viene colto da emicrania dopo aver letto soltanto due commi di un qualunque testo di legge. Ecco perchè, in molti casi, si sente l'esperto di turno affermare che c'è un forte analfabetismo informatico, scientifico o quant'altro. Io credo che questi analfabetismi "di settore", col progredire della società e della tecnica andranno solo ad aumentare. Forse vale la pena di considerarli tutti come manifestazioni dell'analfabetismo funzionale.
Ad aggravare il problema, c'è il fatto che da ben poche parti arrivano stimoli ad approfondire le conoscenze o a sviluppare il senso critico. Invece quasi tutti i media fanno un utilizzo spregiudicato del linguaggio, ritenendo che qualsiasi cosa non generi un'attenzione immediata sia scarsamente appetibile dal pubblico. La nostra routine quotidiana ci porta in effetti ad avere un livello di attenzione verso la realtà che ci circonda prossimo allo zero. Avete mai notato nei mezzi pubblici le persone che insistono nel timbrare il biglietto alle macchinette dove una scritta avvisa: SOLO TESSERE? Essi ripetono meccanicamente un'azione che fanno tutte le mattine quando vanno al lavoro. Per poter raggiungere una persona così corazzata contro il mondo esterno, un messaggio deve essere necessariamente studiato. Esaminando il linguaggio utilizzato dalla pubblicità, si nota la presenza ossessiva di precise parole chiave, veri e propri comandi pensati per agire sul nostro inconscio. Vi è tutta una scienza dietro questa scelta comunicativa, e le aziende si rivolgono a esperti di psicologia per confezionare dei messaggi mirati a colpire il lato istintivo ed emotivo del soggetto, non certo la sua parte razionale.
Subire quotidianamente un bombardamento comunicativo di questo tipo ci porta a "spegnere il cervello" e a seguire l'emotività. Ma cos'è che colpisce l'inconscio, raggiungendo anche un soggetto distratto? E' presto detto: titoloni d'impronta sensazionalistica, esagerazione delle qualità positive (o negative) di un prodotto o di una situazione, luci, colori e suoni. Pensandoci bene, sono le stesse cose che si utilizzano per attirare l'attenzione dei bambini... Il mondo è talmente complesso che ci piace immaginarcelo semplice, come viene proposto da questi messaggi. A lungo andare si finisce per abituarsi a tutto ciò, tanto da perdere qualsiasi senso critico (una delle caratteristiche tipiche dell'analfabetismo funzionale). Questo tipo di comunicazione viene utilizzato non solo per motivi commerciali, ma anche nella propaganda politica e, guardacaso, da parte delle pseudoscienze. Pensiamo alle frasi usate dagli esponenti di queste dottrine, come il classico esordio sensazionalistico: "Ci stanno nascondendo la verità!", con cui si richiama l'attenzione del pubblico, predisponendolo alla rivelazione che seguirà.
Ma l'analfabetismo funzionale è davvero una "colpa", o non è forse anche un'effetto collaterale dell'iper-specializzazione? Si può davvero essere in grado di comprendere tutte le informazioni che ci troviamo davanti? Forse il primo passo per ridurre questo fenomeno potrebbe essere l'utilizzo, da parte degli "addetti ai lavori" di un linguaggio più semplice, senza termini specifici. E' proprio questa forse una delle debolezze dei debunker; mentre i guru delle pseudoscienze utilizzano prevalentemente un linguaggio semplice e immediato, condito qua e la di espressioni scientifiche "decorative", a cercare di smascherarli solitamente sono esponenti tipici di determinati settori scientifici (medicina, fisica ecc.), penalizzati dalla loro tendenza a utilizzare un linguaggio incomprensibile ai più. Pur esponendo una serie di argomentazioni concrete, avvalorate da dati statistici, di fronte a questi "maghi" della comunicazione, i debunker arrancano, e non si può certo affermare che il numero di seguaci delle pseudoscienze diminuisca a seguito delle loro azioni di smascheramento.
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