Utilizzando i social network o le app di messaggistica istantanea, potremmo ricevere un messaggio in cui si comunica che il servizio, attualmente gratuito, diventerà a pagamento, a meno che non si provveda ad inviare il suddetto messaggio a un certo numero di utenti entro un determinato limite di tempo. Ovviamente, nulla di tutto ciò corrisponde a verità, si tratta soltanto dell’ennesima riedizione di un fenomeno ben conosciuto e noto sotto il termine “catena di Sant’Antonio”.
Chi è cresciuto in piena epoca digitale forse lo ignora, ma tale fenomeno è nato ben prima che esistessero i sistemi di messaggistica istantanea, i social o le e-mail. Le “catene” hanno avuto infatti origine molto tempo fa e già durante lo scorso secolo si erano diffuse ampiamente per il globo grazie ai servizi di corrispondenza tradizionali.
I messaggi contenuti nelle lettere presentavano sempre alcuni elementi chiave; in molti casi il testo derivava da alcuni “modelli” originari ai quali venivano apportate piccole variazioni sul tema. Eccone un esempio:
Il testo del messaggio è improntato a spingere il destinatario alla diffusione dello stesso per ottenere fortuna e per evitare le sciagure che lo avrebbero colpito non facendolo. Si fa quindi appello soprattutto alla scaramanzia; viene indicato un preciso numero di persone a cui inviare la lettera e il tempo limite entro cui farlo. Anche questi numeri possono avere un significato simbolico: ricorrono spesso il 9 o il 13.
Prima dell’avvento delle e-mail, diffondere una di queste lettere comportava un certo sforzo: bisognava ricopiare il messaggio, imbustarlo, comprare i francobolli e spedirlo. Eppure, se messaggi del genere sono giunti fino a noi, diverse persone devono aver compiuto queste operazioni, contribuendo alla loro diffusione.
Un fenomeno presente da secoli
Ma quando sono nate le Catene di Sant’Antonio? Rispondere a questa domanda non è semplice. Vi è tuttavia un fenomeno più antico con forti analogie, del quale possono trovarsi esempi risalenti al medioevo: le Lettere dal Cielo. Si trattava di lettere, decorate con illustrazioni, che affermavano nel testo di essere state scritte direttamente da Dio, da Gesù o da altre figure legate alla religione. Per il destinatario costituivano una sorta di talismano portafortuna, tant’è che venivano portate sempre con sé oppure attaccate alla porta di un edificio. Oltre all’aspetto religioso (o pseudo-religioso), che si ritrova anche nelle prime catene di Sant’Antonio, in molte lettere dal cielo era presente l’invito a farne delle copie e a diffonderle.
La presenza delle catene di Sant’Antonio in Italia è attestata con certezza attorno alla metà del XIX secolo. Infatti, nel 1849, la Gazzetta del Popolo di Torino pubblicava un articolo in cui l’autore criticava la diffusione di un invito alla preghiera tramite un sistema di lettere a catena:
Come si può vedere, viene richiesto di diffondere una preghiera, inserendo poi un altro elemento chiave presente spesso in questo genere di messaggi: il testimonial. Infatti, a originare la catena sarebbe stato un fantomatico vescovo Pironici di Gerusalemme. I testimonial servono a dare maggior autorevolezza al messaggio, indicando il presunto ideatore della catena o fornendo esempi di cosa può succedere a chi la continua e a chi la spezza. Si tratta di personaggi inventati di sana pianta, oppure di persone reali e ben note, ma del tutto estranee a quanto viene loro attribuito.
Se le prime testimonianze di questo fenomeno in Italia risalgono all’800, è nel XX secolo che si assiste a una vera e propria impennata nella sua diffusione. Infatti, si possono reperire numerosi articoli di giornali dell'epoca che si scagliano contro le lettere a catena, riportandone il testo. Nell’evoluzione del fenomeno compare un nuovo elemento chiave: la minaccia. Vengono infatti elencate una serie di sciagure rivolte ai destinatari che non avessero diffuso il messaggio.
Come si è visto, le prime catene contenevano soprattutto inviti alla preghiera e messaggi di carattere pseudo-religioso, proprio da questo infatti ha origine il termine “Catena di Sant’Antonio”, con cui il fenomeno è conosciuto in Italia: una delle catene più comuni esordiva con la richiesta di dedicare delle preghiere a Sant’Antonio.
Ben presto però il contenuto dei messaggi andrà a modificarsi, adattandosi all’epoca e all’ambiente in cui questi avrebbero dovuto diffondersi, toccando temi come il lavoro, la salute ecc.
Schemi piramidali
La maggior parte delle “catene” non ha altro scopo se non quello di farsi diffondere. Se si tratta di burle o di vera e propria scaramanzia non è sempre facile da capire. In molti casi, infatti, sono presenti entrambi gli aspetti e, trattandosi di un sistema di diffusione incontrollata, anche l’intento originario di chi fa partire la catena si va a perdere. Tuttavia, la capacità di diffondersi rapidamente, coinvolgendo un ampio numero di persone, non poteva certo sfuggire ai truffatori.
E infatti, in alcune catene il contenuto dei messaggi è ben diverso: invece che far leva su fortune o sfortune immaginarie, si fa perno sull’avidità del destinatario presentandogli una sorta di gioco, nel quale egli potrebbe diventare ricco, a patto di inviare delle somme di denaro ad alcuni indirizzi tramite vaglia postale, dietro la promessa di ottenere altri vaglia con denaro. Si tratta in pratica di un vero e proprio sistema a piramide, nel quale le possibilità di un giocatore di ottenere del denaro dipendono dalla continua adesione di altri giocatori. Più il numero cresce, più la quantità di denaro che fluisce aumenta, ma questo flusso sarà maggiore verso il vertice della piramide piuttosto che verso la base. In pratica, la persona che ha avviato il gioco sarà quella che riceverà più soldi di tutti, mentre chi occupa posizioni più basse potrebbe non ricevere assolutamente nulla.
Evoluzione nell'Era Informatica
L’avvento delle tecnologie informatiche e la loro sempre più rapida diffusione hanno influenzato i nostri modi di comunicare. La tradizionale lettera cartacea ormai è relegata alle comunicazioni ufficiali delle aziende o enti pubblici, mentre la maggior parte dei privati comunica tramite i dispositivi connessi in rete.
Tuttavia, queste trasformazioni non hanno messo fuori gioco le catene di Sant’Antonio, che si sono adattate, trasferendosi prima sugli sms e sulle e-mail, per poi lanciarsi sui servizi di messaggistica istantanea e sui social network.
Facendo il confronto tra una catena di Sant’Antonio contemporanea e una di quelle più vecchie, salta subito all’occhio la principale differenza: se un tempo la diffusione del messaggio richiedeva un certo sforzo, adesso sono sufficienti pochi click. In questo senso le catene di Sant'Antonio sono assolutamente al passo con i tempi, perché possiedono la caratteristica più importante che deve avere una notizia al giorno d'oggi: la velocità di propagazione.
L’importanza assunta dai flussi di informazioni nell’era contemporanea ci porta a considerare alcune caratteristiche intrinseche delle catene come potenzialmente dannose, quali la diffusione di false informazioni e il prestarsi ad attività illecite.
In un sistema basato su scambi continui di dati, le informazioni false, anche se diffuse al puro scopo di divertimento, possono rapidamente fare il giro della rete, seminando il panico e non solo.
Prendiamo ad esempio il messaggio che avverte dell’imminente trasformazione di un servizio gratuito in servizio a pagamento: qualora gli utenti non ne riconoscano la falsità, potrebbero contattare in massa il gestore per avere spiegazioni, moltiplicando le richieste per i contact center e ostacolando lo svolgimento regolare dell’assistenza ai clienti.
Un'altra situazione, più rischiosa, è quella dei messaggi in cui, oltre alla richiesta di diffusione, sono presenti link o numeri telefonici; qui si tratta della fusione tra il messaggio a catena e le truffe mirate alla raccolta di dati personali. Cliccando il link o contattando il numero vi è il serio rischio di farsi rubare i propri dati personali o il credito telefonico.
Un caso diventato celebre un po' di anni fa è quello di Momo, una catena con tratti horror che circolava tra i ragazzini, nella quale un presunto demone terrorizzava il destinatario, minacciando di ucciderlo a meno che non avesse fatto quanto gli veniva richiesto; in certi casi si trattava di contattare un numero di telefono ignoto, con ovvie conseguenze.
Il caso di Momo spinge a fare un'ulteriore ed ultima riflessione: quella sulle possibili ripercussioni psicologiche delle catene di Sant'Antonio.
Già in passato vi erano stati casi di persone che si sentivano perseguitate quando ricevevano dei messaggi di questo genere, sviluppando anche forme di paranoia. Se le minacce di sciagura, previste per chi non diffonde i messaggi, possono far sorridere una persona nel pieno possesso delle proprie capacità razionali, bisogna notare che tutti siamo soggetti a momenti o a fasi della vita in cui potremmo essere più fragili. Si provi a pensare a chi dovesse ricevere una catena di Sant'Antonio in concomitanza con la perdita di una persona cara. O ai bambini, che pur sviluppando delle competenze tecnologiche fin dalla più tenera età, rimangono comunque suscettibili alle paure irrazionali.
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