I Fratelli della Mano Lesta (2a parte)
Le avventure del giovane ladro Olin, ambientate nel mondo fantastico di Forbos.
Erano appostati da almeno due ore e a Olin venivano i brividi per il freddo. L'estate cedeva il posto all'autunno e le sere erano sempre più fresche, ma i Fratelli della Mano Lesta davano poca importanza a questi dettagli climatici; c'era un mercante in partenza da Kron Urun e, secondo le informazioni arrivate alla gilda, il lavoro si prospettava remunerativo. Per compierlo erano stati scelti alcuni "veterani": l'abile scassinatore Filtan, l'astuto organizzatore Alren e Bekris, grande e grosso il giusto per mettere a tacere eventuali tentativi di resistenza delle vittime. Ad accompagnarli c'era Olin, che partecipava così al suo primo colpo organizzato, un vero e proprio "esame di ammissione" per entrare a far parte dell'organizzazione.
Quella stessa mattina erano venuti a prenderlo a casa. Ai suoi genitori avevano detto che il ragazzo sarebbe andato a lavorare in un mulino fuori città per alcuni giorni. Olin era stato informato qualche giorno prima su cosa raccontare in famiglia e suo padre, contento che il ragazzo si fosse trovato un lavoro, non aveva fatto storie. Alren, l'uomo che lo aveva introdotto nella gilda, aveva interpretato alla perfezione il ruolo del mugnaio venuto in città in cerca di manodopera. Quell'individuo era un attore nato e, se non avesse scelto la strada del crimine, si sarebbe certo trovato a proprio agio sul palcoscenico.
Nei giorni precedenti al colpo Olin aveva provato una certa inquietudine, ma ora faticava a contenere la paura. Essere esaminato dagli occhi dei suoi compagni più esperti gli faceva temere di sbagliare qualunque cosa. Poche ore prima di portarsi sul luogo dell'imboscata, si era fatto taciturno, per evitare di dire qualcosa di stupido, facendoli ridere di lui. Aveva seguito così i suoi compagni, abbandonando la strada maestra e percorrendo un piccolo sentiero laterale che si snodava attraverso un bosco. Poi avevano lasciato anche quello, inoltrandosi fra la fitta vegetazione. Dopo una marcia faticosa, che al ragazzo sembrò infinita, giunsero infine a una bassa rupe ricoperta di vegetazione, con la strada carraia che vi passava proprio sotto; il luogo perfetto per un'imboscata.
«Cosa c'è, ragazzo, hai forse perso l'uso della lingua?» disse Alren, notando l'atteggiamento taciturno di Olin.
«Parlare è forse un obbligo della gilda? Non mi pare che il Maestro l'abbia detto...»
«AHAHAH! Questa si che è buona! Avete sentito compari? Il ragazzo pretende di insegnarci come si fa il mestiere...» Bekris e Filtan sghignazzarono anche loro. «Dammi retta Olin, non essere così teso per il colpo. Tutto andrà per il meglio; vedrai che appena ci vedono, ci consegnano tutto senza fare scenate.»
«Sarà come dici tu, ma un conto è rubare senza essere visti, un altro minacciare qualcuno e costringerlo a darti quello che ha. Non è così che pensavo di fare il ladro!»
«Ma è proprio per questo che ti trovi con noi adesso. Il Maestro voleva metterti in una situazione diversa dal solito, per vedere come ti saresti comportato. E tu vorresti fartela sotto come una femminuccia? Andiamo!»
Olin stava per rispondere quando Filtan fece un cenno, e immediatamente tutti si zittirono. In fondo alla strada comparve un carro, che avanzava lentamente trainato da due cavalli. Era uno di quei carrozzoni dei mercanti itineranti che viaggiavano per tutto l'impero, comprando merci d'occasione in una città e vendendole a maggior prezzo in un'altra. Secondo gli informatori della gilda, il mercante che stava arrivando aveva accumulato una bella somma vendendo al mercato di Kron Urun una grossa partita di pelliccie provenienti da Karan.
Il carro si stava avvicinando lentamente, si distingueva il conducente seduto a cassetta, un uomo di mezza età che indossava un cappello decorato da piume. Bekris prese una freccia dalla sua faretra e la incoccò, tendendo leggermente la corda dell'arco. Ormai il carro era vicinissimo, e l'arciere, nascosto dalla vegetazione, prese la mira con cura, tese l'arco e scoccò. La freccia partì con sibilo e, descrivendo una traettoria tesa, andò a conficcarsi nella parte anteriore del carrozzone, vicino al conducente, producendo un forte schianto. L'uomo si voltò a guardarla, meravigliato. Quasi immediatamente Alren si rivelò, intimando all'uomo di non procedere oltre. Il mercante capì la situazione e tirò le redini per fermare i cavalli.
«Cosa volete da un pover'uomo!» rispose il mercante «Io non ho nulla che vi possa interessare. Lasciatemi seguire la mia strada e pregherò che Khoridos vi conceda buona fortuna col prossimo carro!»
I compagni di Olin non si fecerò impressionare dai piagnistei di quell'uomo, che del resto sembravano un po' troppo teatrali. Alren si fece avanti mettendo in mostra il pugnale:
«Buon uomo, credo che la prossima volta vi converrà pregare Khoridos affinché protegga meglio i vostri affari; stavolta infatti vi è andata male. Ma vediamo di non peggiorare una faccenda già spiacevole di suo. Consegnateci carro, cavalli e denari senza fare sciocchezze. Vedrete che saremo generosi, lasciandovi quel che vi serve per proseguire il viaggio fino alla prossima locanda, dove potrete chiedere aiuto.»
Il tono dell'uomo si fece ancor più supplichevole e falso:
«Mio signore, davvero vorrei fare come mi chiedete, ma debbo dirvi che il mio forziere è vuoto. Ebbi grande fortuna con gli affari, guadagnai tantissimo vendendo pellicce. Ma la ricchezza, ahimè, durò poco; fui troppo avventato nello scommettere al gioco e persi tutto tranne il carro, i cavalli e i vestiti che porto. Vi prego quindi di lasciarmi andare per la mia strada, senza svegliare e far morire di paura la mia giovane figlia, che adesso dorme senza immaginare nulla di ciò che sta accadendo.»
«La vostra storia è davvero strappalacrime, capirete tuttavia che non siamo gente facile a commuoversi. Ora scendete, svegliate vostra figlia e mostrateci dove tenete il vostro oro. Sarà meglio per voi se non ci fate perdere troppo tempo, perchè i miei compari qui non amano quanto me le belle storielle e i loro argomenti di conversazione sono ben più convincenti dei vostri!»
Mentre Arlen parlava così, anche Filtan e Bekris si erano fatti avanti, mettendo entrambi in bella mostra i pugnali. Olin li seguiva restando un po' più indietro, anche lui impugnando un pugnale. In realtà non aveva mai usato una lama in vita sua, se non come utensile, e l'idea di conficcarla nelle carni di qualcuno gli ripugnava.
Il mercante sembrò arrendersi, smontò dal carro e aprì la porta che conduceva alla cabina.
«Nira! Nira! Svegliati bambina mia, abbiamo ospiti...» Dal carro provenirono dei rumori, poi si affacciò alla porta una fanciulla di circa tredici anni. Olin la riconobbe subito: era la ragazza che lo aveva aiutato a fuggire durante il suo primo tentativo di furto. Erano passati un paio di mesi e alcune volte gli era capitato di pensare a lei. Tra tutti mercanti che avrebbe potuto rapinare, gli era capitato proprio il padre di Nira! Cercò di controllare le proprie emozioni pensando che, nonostante tutto, lei non avrebbe potuto riconoscerlo. Olin e gli altri indossavano infatti delle maschere, e avevano il cappuccio calato sul viso.
Appena vide il gruppo di malintenzionati, la ragazza si mise a strillare come una pazza. Alren fece un cenno a Bekris e questo, molto rapidamente, sollevò di peso la fanciulla portandola giù dal carrozzone e tappandole la bocca, incurante dei morsi disperati sferrati da Nira alla sua mano. Presi dei lembi di stoffa la imbagliò e le legò le mani.
Mentre avveniva tutto questo, Olin era rimasto a guardare impotente. Era combattuto, qualcosa in lui voleva aiutare quella ragazza. Ma non poteva farlo, se voleva entrare a far parte della Fratellanza.
«Cosa fai lì impalato? Vieni a darmi una mano sul carro» la voce di Filtan lo riportò alla realtà. Salirono in cabina, e il ragazzo fu sorpreso nel trovarla diversa rispetto a quando si era nascosto in quel carro durante la sua roccambolesca fuga. In effetti il carro sembrava del tutto differente, ma sul momento non ci aveva fatto caso. Vi era un grosso forziere posato per terra, che Olin e Filtan sollevarono a fatica e portarono fuori dal carro. Quindi Alren chiese al mercante di aprirlo, ma questo si rifiutò, dicendo:
«Vedete, io non viaggio mai con le chiavi di questo forziere. Ne ho diverse copie, ma ciascuna si trova nelle mani di una persona fidata in ognuna delle città dove conduco i miei affari. Solo una volta giunto lì posso aprirlo. E' una precauzione necessaria, visto il rischio di fare brutti incontri su queste strade...»
«Ne prendete molte di precauzioni per essere uno che viaggia senza un soldo!» disse Alren, spazientito, poi fece un cenno a Bekris «Metti a tacere questo cantastorie, non lo voglio più sentire!»
Anche il mercante venne quindi legato e imbavagliato, e fatto inginocchiare vicino alla figlia. Nessuna chiave fu trovata e Filtan si al lavoro con i suoi arnesi da scasso. Dopo pochi secondi, la serratura scattò, rivelando delle monete d'oro disposte su una sorta di cuscino. Bekris fece per prenderne una ma Filtan lo fermò: «Aspetta! Queste monete sono troppo poche per giustificare il peso del baule. Sento puzza di imbroglio... prova a toccarle con un bastone e vediamo che succede.»
Raccolto un ramo secco abbastanza lungo da terra, Bekris provò a smuovere una delle monete. Un misterioso meccanismo scattò e fece chiudere il forziere di colpo, tagliando di netto il legno in due parti. Olin fece un balzo indietro per la sorpresa.
«Abbiamo a che fare con un osso duro mi sa» disse Alren, poi, rivolto a Filtan gli chiese «Pensi di potercela fare?»
Erano lì da diverso tempo ormai, e tutti non vedevano l'ora di squagliarsela. Bekris interpretò l'opinione generale: « Sentite compari, perchè non carichiamo il baule su di un cavallo e ce ne andiamo? Potremo aprirlo con più calma in un posto più sicuro, non trovate?»
Fu deciso di abbandonare il carro, perchè troppo lento e impossibile da condurre lungo i percorsi accidentati. Alren fece cenno a Olin e assieme andarono a staccare i cavalli dal veicolo. Il pesanti forziere fu legato alla meglio sulla groppa di uno dei due e i malviventi si apprestarono a lasciare il luogo del misfatto, quando Il mercante si mise a mugugnare da sotto il bavaglio. Alren andò a toglierglielo, per sentire che voleva:
«Mio signore, pensavo che foste un uomo di parola! Avevate promesso di lasciarci il necessario per continuare il viaggio fino alla prossima locanda, ma sapete bene che dista più di dodici leghe. Non potremo certo arrivarci con un carro privo di cavalli...»
«Non possiamo certo lasciarvi qualcuna delle vostre monete. Per quanto preziose, non valgono le nostre mani. Ecco, prendete questa» disse mostrandogli un pezzo d'argento e mettendoglielo in tasca «dovrete farvela bastare per il vostro viaggio, ma è meglio di niente!»
«Pregherò Khoridos affinchè non debba incontrarvi mai più!» disse il mercante.
«Grazie» replicò Alren « Io invece pregherò che incontriate qualcuno che ve la tagli, quella lingua...» e gli rimise il bavaglio prima che l'uomo potesse rispondere.
Infine se ne andarono per un'altra strada, diversa da quella fatta all'andata, per raggiungere un nascondiglio conosciuto solo alla Fratellanza. Si trattava di una piccola grotta il cui ingresso era nascosto da rampicanti. Alcune aperture nella volta permettevano il ricambio dell'aria, e al suo interno si trovavano un tavolo, alcune sedie e dei giacigli, in modo da renderla un minimo confortevole. Olin si era calmato e assisteva ai tentativi di apertura del baule, curioso di vedere il bottino.
Per poterlo aprire senza rischiare di avere le mani mozzate, lo dovettero fare letteralmente a pezzi. Dopo aver terminato a fatica il lavoro, videro il contenuto e furono presi dalla delusione; quelle che all'inizio erano sembrate monete d'oro erano soltanto contraffazioni in bassa lega, nemmeno ben fatte! Il peso del baule era unicamente dovuto al complicato meccanismo di sicurezza, una vera e propria trappola letale. Forse le informazioni arrivate alla Fratellanza non erano esatte, ma era più probabile che quel mercante la sapesse molto lunga...
Alren era furente, non faceva altro che ripensare alla moneta d'argento che aveva dato a quel mercante; era come se l'avesse pagato per l'acquisto dei cavalli, due vecchi ronzini in pessimo stato. Di fatto, non avevano rubato un bel niente.
Olin si nascose il viso con le mani, fingendo disperazione; in realtà voleva scoppiare a ridere, ma temeva di offendere i suoi compari, che si erano fatti mesti. Tre astuti ladri, per di più armati, fatti fessi da un solo uomo che evidentemente era più furbo di loro! Sarebbe stata una storia fantastica da raccontare, anche se forse nessuno vi avrebbe creduto.
Lungo la strada per tornare a Kron Urun furono i compari di Olin a essere taciturni, mentre lui avrebbe voluto sapere del suo "esame". In fin dei conti, gli sembrava, anche se non avevano rubato nulla di valore il colpo era andato a buon fine. O no? Quando furono in vista della Porta della Luna, l'accesso occidentale della città, il ragazzo trovò il coraggio di chiederlo ad Alren:
«Ora che stiamo tornando in città, sono un po' preoccupato di quello che si dirà di me nella Fratellanza...»
«E perchè diavolo dovresti?»
«Beh, insomma... Voi siete gente abile, ma io sono solo un principiante. E' il primo colpo a cui partecipo e si torna a mani vuote. Magari qualcuno potrebbe pensare che tutto ciò sia per colpa mia.»
«Levatelo dalla testa! Se qualcuno si azzarda a dire qualcosa contro di te, se la dovrà vedere prima con me, anzi che dico, con noi!» Bekris e Filtan annuirono.
«Il ragazzo ha stoffa» disse Bekris «secondo me dovrebbe solo imparare qualche tecnica in più. Ma il coraggio non gli manca certo, ed è quello che conta.»
«Tecnicamente parlando» proseguì Arlen «il tuo esame è superato. Ora dovrai solo partecipare all'investitura...»
«Invest...che? Che diavolo sarebbe? Non è un altro esame, vero?»
I compari scoppiarono a ridere all'unisono
«Ma no! Si tratta solo di un rituale dove il Maestro ti proclama ufficialmente "Fratello" e invoca su di te la benedizione di Khoridos. E' una semplice formalità, ma fa parte delle nostre tradizioni. Tu dovrai solo portare una piccola offerta in denaro per la divinità...»
«Ma io non ho niente! Sai bene che sono poverissimo... E dove lo trovo il denaro?»
Alren sorrise: «Beh, sei un ladro no? Rubalo! Vedrai che Khoridos accetterà ugualmente il tuo dono.»