L'intelligence nella Roma imperiale

Frumentarii, Agentes in Rebus e i loro compiti durante l'Impero Romano

In un nostro precedente articolo si era introdotto il tema dell’OSINT, la raccolta di informazioni effettuata tramite fonti accessibili pubblicamente. Questo modo di fare intelligence si differenzia dagli altri per il suo essere alla portata di tutti; chiunque infatti può accedere a numerose fonti di informazione libere semplicemente tramite un computer collegato in rete. ‌‌Questo aspetto ci porta però a fare una riflessione: se al giorno d'oggi tutto viene reso semplice dalle tecnologie informatiche, soltanto pochi decenni fa effettuare un lavoro sulle fonti aperte avrebbe comportato la consultazione di archivi, ubicati magari in luoghi distanti dalla propria residenza. Oltre a sapere "cosa" cercare, era necessario anche avere un'idea di "dove" andarlo a cercare. Se invece pensiamo a come un'attività del genere potesse venir svolta nell’antichità, è facile immaginare che le difficoltà fossero ancora maggiori...‌‌
Quando le informazioni sono libere e accessibili ma non esistono mezzi di diffusione, sono note solamente a coloro che si trovano in loco. Questo è indubbiamente un ostacolo alla loro raccolta, in quanto si rende necessario intraprendere spostamenti per arrivare alla fonte delle informazioni. Per avere una chiara idea di ciò che si sta affermando, si pensi a un valico montano interrotto da una slavina; dell’evento catastrofico ne sarebbero venuti a conoscenza solo i residenti nelle immediate vicinanze. Un condottiero proveniente da lontano e deciso a far passare il proprio esercito per quella strada, ignorando l'accaduto si sarebbe trovato in una situazione imbarazzante, per non dire pericolosa; qualora il valico fosse in territorio nemico, la sua armata avrebbe potuto essere facilmente accerchiata e annientata.

Nell’antichità, mettersi in viaggio non era certo un’attività per tutti. Gli spostamenti richiedevano tempo, provviste e la capacità di orientarsi, se si escludono tutti gli altri possibili imprevisti. Eppure fin da subito apparve chiaro che era necessario spostarsi e organizzare le comunicazioni sulle lunghe distanze per poter governare un vasto territorio. Gli imperi più sofisticati crearono reti di comunicazione con messaggeri che fungevano da staffette, percorrendo distanze prefissate in tempi ragionevoli per lasciare poi il messaggio a un collega, che l’avrebbe portato più avanti e così via. Il lavoro svolto da questi uomini era importantissimo, tant'è che alcuni di loro sono entrati nel mito; si pensi al messaggero ateniese Fidippide che, secondo la leggenda, corse senza mai fermarsi da Maratona ad Atene per annunciare la vittoria contro i Persiani, morendo poi per lo sforzo.‌‌ ‌‌In una situazione dove le fonti delle informazioni non sono facilmente accessibili e la trasmissione delle stesse richiede un grande sforzo organizzativo, il confine tra informazioni di accesso pubblico e segreti è labile. Non stupisce pertanto che la raccolta delle informazioni nell'antichità fosse organizzata e strutturata in modo capillare dalle istituzioni politiche e militari dell'epoca; in questo articolo esamineremo come avveniva la raccolta e la trasmissione delle informazioni nell’antica Roma, in particolare durante l’epoca imperiale.

La macchina militare romana, fin dall’epoca della tarda repubblica (periodo in cui ebbe inizio l’espansione al di fuori dalla penisola italica), prevedeva differenti figure addette a compiti che potremmo definire di intelligence. Oltre agli speculatores, che si occupavano del vero e proprio spionaggio militare, recuperando informazioni sulla forza e sugli spostamenti delle truppe nemiche, vi erano anche dei militari che svolgevano prevalentemente quella che potremo definire un’attività sulle “fonti aperte”. Costoro dovevano recuperare informazioni che, pur non essendo propriamente segrete, erano vitali per gli spostamenti e approvvigionamenti delle legioni. Tra queste, le più importanti erano quelle relative ai luoghi dove potevano trovarsi acqua e cibo. In particolare i cereali, i cui semi, conservabili per lungo tempo, fornivano la base dell’alimentazione. Proprio da un cereale infatti tali addetti presero il loro nome: frumentarii.

In origine i frumentarii, la cui istituzione risale grossomodo al 200 a.c., erano quindi principalmente dei furieri. La loro importanza appare evidente pensando alle difficoltà legate al mantenimento di eserciti sempre più grandi per lungi periodi di tempo. L’abilità dei frumentarii nel procurare cibo e altre forniture (cavalli, armi ecc.) era legata alla capacità di contrattare con le popolazioni locali. Uomini scaltri ed esperti nel loro mestiere, svolgendo i loro compiti potevano venire a conoscenza di diverse altre notizie utili, per esempio sui sentimenti della popolazione nei confronti di chi li governava. Per ottenere più facilmente le informazioni necessarie, alcuni di loro non esitavano a lavorare “in borghese”; tali abilità acquisirono importanza crescente col consolidamento del potere imperiale, in quanto utili a prevenire sedizioni e complotti.
Durante l'impero i frumentarii divennero quindi una sorta di polizia politica, col compito di garantire la sicurezza delle istituzioni romane (Senato e Imperatore). Il nuovo ruolo di questi militi è accertato dall’epoca di Adriano (117-138 d.c.), anche se è molto probabile che l'evoluzione fosse incominciata con l’avvento del principato di Augusto e la trasformazione della repubblica in impero (27 a.c.-14 d.c.).

Proprio l’epoca di Augusto coincise infatti con una maggiore organizzazione di quelle che erano attività già esistenti, ma il cui svolgimento veniva lasciato troppo al caso e alle intuizioni personali. In particolare la trasmissione delle informazioni venne migliorata attraverso la creazione del cursus publicus, un sistema di stazioni per i corrieri poste a determinate distanze l’una dall’altra, con alloggi e cavalli di ricambio, collegato alle principali rotte marittime. Questo permetteva alle informazioni di percorrere tutto l’impero con un flusso pressochè continuo.‌‌ Il cursus publicus viene spesso paragonato ai moderni servizi postali, ma si tratta di un paragone errato. La sua peculiarità era infatti quella di essere un servizio esclusivo, destinato unicamente alle comunicazioni governative. Era il sistema ideale per far viaggiare in tempi rapidi (per l’epoca) le informazioni, nonchè gli stessi agenti. ‌‌‌‌Augusto era un imperatore decisamente accorto e sospettoso che teneva in gran conto la sicurezza delle proprie comunicazioni. Oltre a curare con attenzione la propria corrispondenza, utilizzando codici cifrati, era talmente puntiglioso da pretendere che le informazioni gli fossero riferite direttamente dall’agente che le aveva raccolte. Questo per evitare che dettagli per lui importanti andassero perduti nei vari passaparola, garantendosi in ogni caso la possibilità di approfondirli interrogandone la fonte.

In un quadro politico del genere, l’importanza di un’organizzazione come quella dei frumentarii appare evidente. Con l'avvento di un forte potere accentrato nella figura dell'Imperatore, era necessaria un'organizzazione dedita a compiti di intelligence "interna"; una cosa del genere sarebbe stata invece impensabile durante il periodo repubblicano.‌‌ Nello svolgere il loro lavoro i frumentarii operavano tanto sotto copertura che in veste ufficiale; il fatto di muoversi spesso, giustificato dalle loro mansioni più “ufficiali”, permetteva loro di trovarsi nei luoghi dov'era necessario prestare occhi e orecchie. Si può ipotizzare anche che certi incarichi fornissero la necessaria copertura per svolgere attività che dovevano restare segrete. Cosa singolare per una simile organizzazione, ai compiti di vera e propria intelligence continuavano ad affiancarsi tutta una serie di altri incarichi, per esempio il loro originario ruolo di addetti all'approvvigionamento delle truppe fu mantenuto.

I frumentarii erano reclutati dai ranghi delle legioni e mantenevano il ruolo dell’unità di origine sebbene operassero praticamente sempre al di fuori di essa. Al vertice della loro organizzazione si trovava il princeps peregrinorum, responsabile della sicurezza dello Stato, il quale aveva contatto diretto con l’Imperatore. A Roma avevano la loro caserma, i Castra Peregrina, situata nel quartiere Celio (sono stati rinvenuti resti sotto la Basilica di S.Stefano Rotondo). Venivano definiti milites peregrini, e questo termine crea un po' di confusione su quella che fosse la loro origine; nell’antica Roma il termine peregrino indicava infatti un’abitante delle provincie privo della cittadinanza romana. Ma nel caso dei frumentarii, molto probabilmente la denominazione traeva origine proprio da quello della loro sede, i Castra Peregrina. Pertanto tra questi militari si potevano trovare tanto provinciali che cittadini romani.

Nel corso del tempo gli addetti a queste funzioni crebbero in numero, così come aumentò il loro potere; intanto, durante il III secolo dopo cristo, l'impero attraversò un periodo di profonda crisi politica, economica e militare. Dopo una serie di imperatori i cui regni, di breve durata, furono sconvolti dalle guerre civili, nel 284 d.c. le redini del potere finirono saldamente nelle mani di Diocleziano. Costui intraprese una serie di riforme volte a rafforzare e rifondare il potere imperiale. Nel corso di questi mutamenti, forse allo scopo di dare risposta al malcontento popolare e/o di porre un freno agli abusi di potere, il corpo dei frumentarii venne smantellato; le loro prerogative, tra le quali figurava la facoltà di effettuare requisizioni (probabilmente in modo arbitrario) li avevano infatti resi particolarmente detestati. ‌‌Tuttavia i compiti a cui assolvevano erano di vitale importanza per lo Stato, e non si poteva fare certo a meno di avere uomini preparati a svolgerli. Già a partire dal 319 d.c. i cronisti dell'epoca menzionano delle figure, denominate agentes in rebus, che sembrano ricoprire mansioni simili se non identiche. E' altamente probabile che costoro iniziarono a lavorare immediatamente dopo il “pensionamento” dei frumentarii.

Denominati anche magistriani (dal greco magistrianoi), poiché facevano capo al magister officiorum, gli agentes erano reclutati tra gli ufficiali minori della cavalleria (equites) e venivano formati in una speciale accademia, la schola agentum in rebus. L’inquadramento era di tipo militare, con cinque gradi a cui corrispondevano mansioni di crescente importanza; l'appartenenza a questa organizzazione doveva essere piuttosto ambita, viste le possibilità di carriera. Si ritiene che originariamente le mansioni riguardassero solo l'ambito strettamente militare ma, quand’anche questa ipotesi corrisponda al vero, alle funzioni originarie se ne aggiunsero ben presto altre, relative all'ambito civile. Del resto, il termine “agentes in rebus” significa letteralmente: “quelli attivi in materia”; già da questo si comprende quanto vasto potesse essere il loro campo d’azione. Le competenze spaziavano dai compiti di corrieri e controllori delle comunicazioni imperiali a quelli di funzionari doganali, supervisori ai lavori pubblici e all’acquartieramento dei soldati. In molti casi furono utilizzati anche come diplomatici. Nello svolgere tali servigi, godevano di numerose immunità e non sottostavano all’autorità dei governatori provinciali; appare quindi chiara la loro natura di strumenti del potere centrale per limitare e controllare le amministrazioni locali.

Sebbene vengano spesso considerati come “servizi segreti dell’Impero Romano”, i compiti degli agentes non erano strutturati come quelli di un servizio d’intelligence contemporaneo. Non vi erano infatti le attuali distinzioni tra operazioni di carattere civile o militare, così come non ve ne erano tra le competenze specifiche relative alle attività di intelligence. Vi erano certamente agentes in rebus dediti ad attività che potremo definire spionistiche, ma in molti casi essi operavano alla luce del sole, presentandosi con le loro vere credenziali e lavorando unicamente su quelle che potremmo considerare fonti aperte. ‌‌Gli ampi poteri di cui erano investiti e il fatto che potessero riferire quanto avveniva dovevano indubbiamente avere un effetto di deterrenza, ma in certi casi portavano all'abuso di potere e al ricatto. In breve tempo infatti, così come era avvenuto per i frumentarii, gli agentes divennero detestati e temuti. Il filosofo Libanio li definì "pastori che avevano aderito al branco dei lupi", accusandoli di comportarsi alla stregua di quelli che dovevano contrastare.

Nonostante la caduta dell’Impero Romano d’Occidente (476 d.c.) gli agentes continuarono a esistere e servire tanto sotto l’Impero d’Oriente, nel quale la loro esistenza risulta attestata almeno fino al VII secolo, che nei nuovi regni romano-barbarici sorti sulle rovine dell'Impero d'Occidente. I nuovi sovrani infatti compresero subito l’utilità di mantenere in piedi un'organizzazione del genere. Durante i regni di Odoacre e Teoderico (V-VI sec. d.c.) essi proseguirono a svolgere il lavoro di sempre, nel quale vennero poi affiancati dai saiones, un corpo speciale di soldati Goti con compiti del tutto simili.


‌Fonti:‌‌

GNOSIS, rivista dell'AISI‌‌
Sui frumentarii :
https://gnosis.aisi.gov.it/Gnosis/Rivista24.nsf/servnavig/21‌‌
Sugli agentes in rebus :
https://gnosis.aisi.gov.it/Gnosis/Rivista27.nsf/servnavig/23

STORIE ROMANE, che ringraziamo per averci aiutato col materiale.
https://storieromane.altervista.org/spionaggio-nellantica-roma-dai-frumentarii-agli-agentes-in-rebus/