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A Longfield, il giorno dopo la fine dell'assedio, Helen si risvegliò finalmente in un vero letto, dopo notti passate a dormire nel sacco termico. Una volta entrato in città, l'esercito aveva requisito diversi edifici per poter alloggiare le truppe; al battaglione di Helen era andata bene, si era sistemato in un grosso fabbricato con una vecchia insegna che ne ricordava l'utilizzo precedente: Grand Hotel Barrymore. Il nome alludeva al monte Barrymore, il cui profilo sovrastava quel che rimaneva della città. Un tempo numerosi turisti trascorrevano a Longfield le vacanze invernali e diverse piste da sci sorgevano sul fianco della montagna; quell'epoca lontana ormai era soltanto un ricordo e la vista dei pendii ricoperti da fitti boschi di conifere a Helen faceva solo pensare che là, da qualche parte, i ribelli erano in agguato. L'assedio era durato diciotto giorni, durante i quali i nemici non avevano lasciato nulla di intentato; l'esercito aveva dovuto stanarli casa per casa, con grande dispendio di forze e subendo numerose perdite. Tutta un'altra situazione insomma, rispetto alla "passeggiata" che, secondo gli ottimistici pronostici degli alti papaveri, doveva essere la riconquista di Longfield.
La routine giornaliera di Helen iniziava all'alba, con la sveglia e mezz'ora di esercizi ginnici; finita la ginnastica, doccia e poi colazione. Il giorno prima avevano allestito a tempo di record una sala mensa coi fiocchi, utilizzando la sala ristorante dell'hotel e dotandola di tutte le comodità. Helen passò alla macchinetta del caffè e se ne preparò una tazza, aggiungendo un po' di latte. Al bancone del buffet prese uno yogurt e riempì una scodella di cereali, poi andò a sedersi per mangiare. Non aveva ancora finito di bere il caffé, che di colpo in sala mensa calò il silenzio. Dal grosso schermo televisivo appeso alla parete si udì l'inconfondibile sigla del notiziario:
- INTERROMPIAMO LE TRASMISSIONI ABITUALI PER COMUNICARE UN EVENTO DELLA PIU' ESTREMA GRAVITA'. LE NOTIZIE SONO ANCORA FRAMMENTARIE, MA SEMBREREBBE CHE NEL CORSO DELLA NOTTE DEI RAZZI SI SIANO ABBATTUTI SULLA CITTA' DI KIMBERLEY, COLPENDO DUE EDIFICI RESIDENZIALI.
Helen alzò gli occhi allo schermo.
- ANCORA INCERTO IL BILANCIO DELLE VITTIME, MA SI PARLA DI DECINE DI MORTI E FERITI. UNO DEGLI EDIFICI, CENTRATO IN PIENO, E' STATO RASO AL SUOLO DALL'ESPLOSIONE! ANCHE TRA I SOCCORRITORI CI SAREBBERO DELLE VITTIME. ORA PASSIAMO LA LINEA AL NOSTRO CORRISPONDENTE IN LOCO. DWIGHT, MI SENTI?
Dwight, un uomo sulla quarantina con una pancia prominente, rispose:
- SI' JOHN, FORTE E CHIARO! ALLORA PARE CHE DIVERSI TESTIMONI ABBIANO VISTO GLI ORDIGNI CADERE SULLA CITTA'. I RAZZI, SECONDO LE TESTIMONIANZE, SAREBBERO ARRIVATI A DISTANZA DI ALCUNI MINUTI L'UNO DALL'ALTRO. MA VEDIAMO IL SERVIZIO CHE ABBIAMO PREPARATO.
Un anziano e un bambino sui sette anni, nonno e nipote, raccontavano di come, appassionati di astronomia, stavano osservando il cielo stellato. Improvvisamente un oggetto luminoso era passato ad altissima velocità, ne avevano udito il rumore (come quello di un aereo supersonico, specificava il bimbo) e, infine, l'esplosione.
La seconda testimonianza era fornita da una ragazza che, la notte prima, stava partecipando a una festa con altri amici. Di colpo avevano sentito un forte boato e si erano affacciati al terrazzo per vedere cos'era successo; dall'appartamento, situato al decimo piano, si vedeva chiaramente il luogo dell'impatto e uno dei ragazzi si era messo filmare col cellulare. Mentre stavano osservando la scena, era arrivato il secondo razzo. Il servizio poi mostrava le immagini riprese col cellulare: un edificio era in fiamme e si distinguevano i lampeggianti dei mezzi di soccorso impegnati nello spegnimento. Poi un oggetto luminoso colpiva un palazzo nelle vicinanze, scatenando un'enorme esplosione, e si udivano le esclamazioni dei ragazzi. Il video fu fatto rivedere al rallentatore, col razzo evidenziato da un cerchiolino rosso.
- DWIGHT, TI DOBBIAMO INTERROMPERE PER LEGGERE AI TELESPETTATORI UN COMUNICATO DA PARTE DEL PRESIDENTE PROUDMOORE!
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA HA ESPRESSO, A NOME DI TUTTE LE ISTITUZIONI, IL MASSIMO SDEGNO PER QUESTO BARBARO ATTACCO TERRORISTICO, GARANTENDO CHE L'IMPEGNO NELLA LOTTA CONTRO I GRUPPI DI ESTREMISTI CHE VOGLIONO DIVIDERE IL PAESE VERRA' RADDOPPIATO. QUINDI HA ASSICURATO AI CITTADINI CHE GLI AUTORI DELL'ATTENTATO SARANNO OGGETTO DI PENE ESEMPLARI.
La linea ripassò quindi a Dwight: le immagini ora mostravano il luogo dell'impatto come si presentava attualmente, a incendio ormai domato. Cumuli di macerie fumanti erano tutto quello che rimaneva di un piccolo edificio, poi l'inquadratura si spostò su una palazzina con la facciata sventrata dall'esplosione; Helen la riconobbe: era casa sua...
Una forte luce le colpì gli occhi, contraendole il viso. Si sentiva strana: poco prima stava camminando in una stupenda valle. Un torrente scrosciava tra i massi e le rive erano ricoperte dai fiori. E ora invece dov'era? Vedeva il soffitto bianco di una camera bianca; la luce arrivava da un'ampia finestra alla sua destra. Una giovane donna, vestita di bianco e con la bocca coperta da una mascherina, le si avvicinò.
- Dottore! Venga, la paziente si è risvegliata!
Si avvicinò un uomo sulla trentina, vestito in modo identico. Le puntò una torcia elettrica negli occhi e lei strizzò le palpebre.
- Signora, riesce a sentirmi?
La donna fissò il medico per una frazione di secondo, poi il suo sguardo riprese a vagare nel vuoto.
Il medico provò di nuovo, ma non ottenne alcuna risposta.
- Non ci sente, forse – disse l'infermiera.
- Le sue orecchie sono a posto, ma alcune delle sue funzioni cerebrali potrebbero aver subito danni...
Mentre parlavano, la donna provò improvvisamente a muovere un braccio, ma l'arto le ricadde pesantemente.
- Provi a muovere per prima cosa le dita – l'infermiera le parlava, anche se non era convinta che la paziente potesse sentirla o comprenderla. Le prese le dita e gliele mosse, sperando che la paziente capisse e provasse da sola. Dopo alcuni secondi la donna sembrò comprendere e iniziò a muovere le dita di entrambe le mani.
- Dopo tutto questo tempo in coma farmacologico, deve avere i muscoli tutti intorpiditi! Prima di poter fare qualche movimento serio deve iniziare con quelli più semplici.
La paziente lanciò un grido, poi il suo sguardo si fissò sull'infermiera: aveva gli occhi sgranati dal panico.
- Chi siete! Cosa ci faccio qui?
- Ma parla?! - il medico e l'infermiera restarono di sasso, poi lui le si rivolse in tono paterno:
- Signora stia tranquilla, va tutto bene. Lei si trova in ospedale, le è capitato un att...un incidente, nel quale ha sbattuto violentemente la testa. Ma ora va molto meglio...Come si sente?
La donna lo guardò, poi sembrò tranquillizzarsi.
- Non riesco a muovermi! - disse
- Deve avere un po' di pazienza, continui a muovere le dita delle mani, come stava facendo prima. Vedrà che fra breve riuscirà a muovere le braccia.
La paziente obbedì.
Bene, bene. Provi con quelle dei piedi. Mi saprebbe dire il suo nome? Non le abbiamo trovato documenti addosso...
- Il mio nome. Ma certo, il mio nome è...
Non se lo ricordava.
Il medico rimase perplesso. Poi aggiunse:
- Riesce a ricordare se ha dei familiari? Un marito, dei figli? Qualcuno che potremmo chiamare...
- Non lo ricordo! - la donna tornò a sgranare gli occhi di paura – Non ricordo niente!
- Non si agiti...la prego!
Sotto l'impeto del panico, le forze le tornarono di colpo: riuscì a muovere una gamba, poi l'altra, agitandosi sul lettino.
- Presto, vada a chiamare qualcuno! - disse il medico all'infermiera – la paziente ha una crisi!
La donna cercò di mettersi a sedere: solo allora notò che aveva delle ventose appiccicate in varie parti del corpo, dalle quali se ne partivano dei fili collegati a uno strano macchinario accostato alla parete. Un tubicino le partiva dal braccio destro e terminava attaccato a un sacchetto, appeso sopra al letto. Un pensiero le si fece strada nella testa: l'avevano imprigionata e volevano usarla come cavia per chissà quale esperimento. Doveva fuggire!
Cercò di strapparsi le ventose, ma le braccia non si muovevano ancora bene. All'improvviso perse l'equilibrio e cadde dal letto, facendo un gran rumore; in preda al panico, si mise a strillare. Il medico, non aspettandosi una tale reazione, rimase inebetito. Accorsero degli altri infermieri, che cercarono di rimetterla sul lettino.
- Ma signora, cos'è successo? Sta bene?
- Lasciatemi! Lasciatemi!!!
- Signora, stia calma, la voglio solo aiutare!
La donna mulinava le braccia per mandar via l'infermiere, tentando nel frattempo di alzarsi in piedi. Accorse altro personale, richiamato dalle urla.
- Andate via!!!
- Ma cosa le succede? Se si agita così, rischia di farsi male.
- E' caduta dal letto!?
- La paziente ha un attacco di panico – disse il dottore - Cerchiamo di rimetterla sul letto.
- Noooo! Lasciatemi!!!
- Non riesco a prenderla, datemi una mano!
Una gomitata della donna colpì violentemente il volto di un infermiere.
- Aaargh! Ma che diavolo! E' impazzita?
- Forse è meglio iniettarle un sedativo, altrimenti rischia di farsi male sul serio.
- Qua non è solo lei quella che si fa male!
- Sediamola!
Sentì una puntura alla gamba destra, poi la vista le si annebbiò...
Quando tutto tornò alla calma, il medico monitorò l'attività cerebrale registrata dalla macchina: il grafico registrava uno strano picco, proprio prima che la donna iniziasse a strapparsi gli elettrodi.
- Dottore - rientrò in sala la giovane infermiera - forse abbiamo scoperto l'identità della paziente!
- Questa è una notizia! E chi sarebbe?
- Ieri sera una soldatessa di stanza a Longfield ha denunciato alla polizia la scomparsa della madre, Lyza Barrens. Abitava in uno degli edifici colpiti. Potrebbe essere lei.
- E' molto probabile!
- Segnaliamo alla polizia che la persona scomparsa potrebbe trovarsi qui da noi, così contatteranno la figlia.
- E' la cosa migliore che possiamo fare. Purtroppo la situazione della paziente non è per nulla facile...
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